Una donna «sola» al comando

donatella-paciello

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Da prima donna presidente del Consiglio comunale a primadonna del teatrino della politica. Paciello avvocato Donatella. Meglio conosciuta come presidente del Consiglio comunale o come dicono i maligni come “cambiale” da pagare all’interno del Pd per essere arrivata terza alle primarie della sinistra. Saprà anche parlare l’olandese in maniera fluente anche se in piazza Trento e Trieste dubito serva a qualcosa.

Si sarà accorta (altrimenti glielo diciamo noi) che in un anno si è trovata a gestire un’opposizione alla camomilla. Ma non gli basta veleggiare di bolina del catamarano Scanagatti che si trova a fare i conti con il pedalò di Pdl e Lega. Vuole di più. Vuole lasciare il segno.

A dir la verità dalle prime uscite in mare come quella di lunedì sera, sul regolamento del Consiglio comunale, la sua granitica certezza di essere un genio della politica incomincia a vacillare. Soprattutto da parte dei suoi correligionari del Pd insofferenti al suo decisionismo fuori tempo. C’è in ballo il restlyling del regolamento dell’aula. Ottanta articoli e un centinaio di emendamenti “limabili”. Sono tutti d’accordo, segretario generale compreso, che occorrano almeno un paio di sedute per liquidare il caso.

Maggioranza, opposizione hanno discusso, parlato raggiunto un accordo. E lei che fa invece di incassare la vittoria politica? Raddoppia. Vuole dare prova di celodurismo politico (il termine riferito non alla donna, ma alla politica…) di padana memoria. Ma come sono tutti d’accordo e lei butta le carte all’aria per che cosa? Lo stesso borgomastro mal la sopporta anche se è costretto a far buon viso a cattivo gioco.

A Rosario Montalbano, attualmente assessore con un debole per la figlia e che la carica di presidente l’ha ricoperta in tempi in cui volavano le bottiglie in aula, non pare vero di chiudere la faccenda a tarallucci e vino. La Paciello no. Punta i piedi. Vuole una seduta ad oltranza con il rischio di far risvegliare l’opposizione dal coma farmacologico (Mandelli non c’entra…) in cui è caduta dopo il voto.

Ma se la ricorda l’avvocato con accento olandese cosa avevano combinato Afredino Viganò e le sue due ore minino di discussione in fase preliminare? Se lo ricorda il Dario Allevi di quando faceva politica e non “cazzeggiava” in Provincia, cosa aveva combinato sul Pgt? Chieda informazione ai più “vecchi” o al sindaco e lasci perdere il decisionismo stonato. Una seduta in più val bene l’obiettivo: la pace in aula.

Marco Pirola

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