Referendum trivelle: le ragioni del sì e del no

Domenica 17 aprile seggi aperti dalle 7 alle 23

Referendum trivelle, si vota. I seggi per il Referendum contro le trivelle saranno aperti nella sola giornata di domenica 17 aprile dalle 7 alle 23. Per votare, l’elettore dovrà recarsi al seggio munito di tessera elettorale e di documento di riconoscimento in corso di validità. Chi avesse smarrito la tessera elettorale può richiederne un duplicato all’ufficio elettorale del proprio Comune di residenza.

REFERENDUM TRIVELLE – Per la prima volta, possono partecipare al referendum anche i cittadini italiani residenti all’estero attraverso il voto per corrispondenza organizzato dai consolati. Per chi decide di ritornare nel proprio comune per esprimere il voto, sono previste agevolazioni tariffarie sui biglietti ferroviari di Trenitalia e Ntv Italo.

REFERENDUM TRIVELLE: LA SITUAZIONE – Per la prima volta nella storia della Repubblica, il referendum è stato proposto da 9 regioni italiane. Sorvolando pressioni politiche e amministrazioni regionali, associazioni e partiti si sono spesi sia pro sia contro il voto di domenica. La situazione attuale. Con il voto al referendum si esprimerà il volere di rinnovare o meno le concessioni alle piattaforme di estrazione fino alla vita del giacimento di gas o petrolio sul quale le compagnie stanno operando. La legge attuale già vieta la costruzione di nuovi impianti. Se domenica alle urne vincerà il “si”, le concessioni non verranno rinnovate. Questo determina il fatto che, dal 2018 al 2034, tutti gli impianti entro le 12 miglia dalla costa verranno fermati. Per fare chiarezza. Anche se dovesse vincere il voto positivo, da lunedì 18 aprile tutto rimarrebbe invariato. Le piattaforme di estrazione non possono spegnersi da un giorno con l’altro.

REFERENDUM TRIVELLE LE RAGIONI DEL SI – Il rispetto del mare, la presenza di inquinanti, i danni al turismo e la bassa quota di royalties pagate dalle compagnie estrattive. Queste sono le motivazioni principali addotte dai sostenitori dello “spegnimento” delle trivelle. Come hanno sottolineato durante l’incontro all’Urban Center, il pericolo di un ipotetico incidente è un’ipotesi reale. Inoltre, dopo il rapporto dell’Ispra condotto su 34 impianti di trivellazione, sono stati rilevati parametri di inquinamento di molto superiori rispetto alla norma. Tra tutti, la presenza di gasolina, uno scarto di produzione derivante dall’estrazione di gas, preoccupa gli ambientalisti che hanno studiato la fauna e la flora dell’Adriatico. Ai buoni propositi ambientalisti, si aggiungono le polemiche sulla quota di royalties pagate dalle compagnie estrattive. Una tassa, secondo i presenti alla conferenza, troppo bassa per lo stato e fin troppo allettante per le industrie del comparto dell’oil & gas. Il tema dell’occupazione è stato solamente sfiorato durante l’incontro. A riguardo, Marco Molgora, ex-assessore all’ambiente della provincia di Lecco, ha affermato che “13.000 lavoratori sono pochi, si può correre il rischio…”.

REFERENDUM TRIVELLE LE RAGIONI DEL NO –  Dall’altra parte della barricata, sono insorti i difensori di posti di lavoro e opportunità produttive. In questo ultimo periodo, tra tutti, il comitato “ottimisti e razionali” si è speso nell’illustrare i fattori positivi della presenza delle trivelle nel nostro mare. Combattere gli ambientalisti con l’ambiente. La prima motivazione addotta dai difensori del “no” è stata riguardo l’aumento di inquinamento che produrrebbero le navi nel portare in Italia gas e petrolio che non verrebbe più estratto nel territorio nazionale. Secondo punto forte del partito del “no” è la difesa dei posti di lavoro che genera il comparto oil&gas. Circa 13.000 lavoratori sono impegnati nelle attività estrattive. Basta prendere come esempio la provincia di Ravenna. Nel territorio della città della riviera romagnola, quasi 7.000 persone sono impiegate dall’industria estrattiva.

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