Le ragioni del no spiegate da Carlo Zucchi di Arcore
Referendum c’è chi vota no. “Il più inutile fra i referendum” disse Bettino Craxi. Risale al 9 giugno del 1991 il celebre invito di Craxi, “Andate al mare”. Il referendum promosso da Mario Segni non solo “costava troppo. Era incostituzionale, antidemocratico, inquinante, una truffa, un caso di ubriachezza politica molesta”. Inutile dire che da allora tutto é cambiato, ma prima di quell’invito, ricordo che nelle scuole ci insegnavano a partecipare agli appuntamenti elettorali. Ci spiegavano che era doveroso esercitare i nostri diritti e i nostri doveri di cittadini. Il referendum era ancora il principale strumento di democrazia diretta che consentiva agli elettori di pronunciarsi senza nessun intermediario. Inutile dire che proprio da allora mi reco sempre agli appuntamenti elettorali e che domenica voterò NO ad un quesito che ritengo sbagliato nella forma e nella sostanza.
Referendum: il perché di una scelta no nella forma
Analizziamo la forma. Il quesito é generico, non sintetizza un articolato e particolareggiato progetto di riforma e di autonomia regionale, proponenti diversi conferiscono al quesito un significato diverso, diverse le interpretazioni relative al mandato popolare che riceverebbero da un voto favorevole. Mi chiedo e vi chiedo, l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, che vengono richieste nel quadro dell’unità nazionale, necessitano di ulteriori risorse finanziare? L’elettore é in grado di esprimere in maniera consapevole la propria sovranità e soprattutto, il voto esprimerà in modo adeguato la volontà popolare? Troppi i quesiti nel quesito per decidere di astenersi.
Referendum: no nella sostanza
Le riforme costituzionali sono riforme molto delicate, devono essere realizzate con cura (le varie riforme costituzionali e la riforma delle province dovrebbero aver insegnato qualcosa), é necessario porre particolare attenzione alle conseguenze, alle relazioni e alle reazioni tra governo locale e governo centrale. (la Catalogna insegna). “Il residuo fiscale” é il propellente principale che viene utilizzato per garantire propulsione e interesse alla questione, le più sofisticate elaborazioni contabili però, non possono costruire né il prossimo patto sociale né un avanzato ed equo ordinamento federale.
Referendum: La Lombardia
E’ la più ricca regione d’Italia, la più popolosa, produce un quarto del PiL della nazione. L’autonomia, in qualsiasi forma, non può diventare un mezzo per combattere le inefficienze e gli sprechi di altre regioni. Concedere maggiori risorse alla Lombardia, significa sottrarre risorse ad altre regioni e ampliare il gap tra le regioni più ricche e le più povere. Si corre il rischio concreto di indebolire la già precaria stabilità finanziaria del paese e di far ricadere le inevitabili conseguenze sui soliti e noti contribuenti. L’Italia sappiamo essere una straordinaria terrà di “residui”, dopo questo referendum, in maniera disorganica ogni regione potrà pretendere di dare avvio alla propria idea di autonomia, ogni regione rivendicherà il proprio residuo. Nuovi studi comparativi misureranno quindi il residuo naturale, quello ambientale, quello alimentare e persino un raro e prezioso residuo culturale, residui che racconteranno sempre le specialità che perfezionano le diversità.
Referendum: andate e votate no
Non sarà invece una maggiore autonomia o un nuovo statuto a raccontare “la specialità” della Lombardia, quella specialità sì é costruita nel tempo, sulle responsabilità che i cittadini di questa terra hanno saputo assumersi, cittadini, che nel quadro dell’unità nazionale, non sono mai venuti meno al loro ruolo politico, economico e sociale. Mi auguro che domenica, i cittadini lombardi, non si accontentino di costruire una Regione speciale, ma abbiano l’ambizione di immaginare una nuova Italia speciale.
Carlo Zucchi, consigliere comunale di Arcore per la Lista civica Immaginarcore, iscritto a Possibile