Brianza, Poste Italiane nei guai in Brianza per la “Banca dell’Ndrangheta“. Ora lo Stato chiede il conto a se stesso. Gli uffici periferici delle Poste finiti nel mirino della Procura di Milano sono diversi. A Paderno Dugnano sono stati arrestati direttore e vice-direttore, a Seregno è stata indagata una dipendente, a Lissone la direttrice, a Desio un’altra dipendente e a Rho altri due dipendenti. per gli avvocati della difesa “non è stata effettuata nessuna operazione illecita. Ogni movimentazione di denaro era registrata e quelle sopra una certa cifra comunicate all’ufficio centrale che vigila su questo tipo di operazioni. Io stesso ho chiesto l’acquisizione di tutta la documentazione che comprova questo fatto. Nulla è stato svolto di nascosto o fuori dal rispetto delle regole”.
LA STORIA – Nell’indagine sulla “banca della ‘ndrangheta” aperta dai magistrati milanesi appare Poste Italiane, una Spa partecipata al 100 per cento dallo Stato italiano. Poste Italiane è citata in diverse e comunicazioni di reato dello speciale reparto della Squadra Mobile di Milano, riguardanti l’indagine che ha portato alla scoperta della “banca” in Brianza a Seregno, “quale fornitore di servizi finanziari” per aver tratto profitto da attività illecite dei dipendenti (reato previsto dalla legge 231 del 2001) e per violazione delle norme antiriciclaggio, “nel periodo che va da luglio 2011 al luglio 2012, commesso nell’interesse e a vantaggio delle Poste italiane, in Seveso, Paderno Dugnano, Seregno, Lissone, Desio e Rho ”. Il rapporto della Squadra Mobile, non implica alcuna colpevolezza, ma indica la strada maestra alla Procura di Milano per svolgere altre indagini.
L’INFORMATVA – L’informativa è stata trasmessa alla Direzione distrettuale antimafia di Milano il 13 maggio 2013 e arriva dopo altre tre segnalazioni datate 21 luglio 2012 e 1 agosto e 4 settembre 2012, depositate assieme all’avviso di chiusura delle indagini sui contatti di alcuni dipendenti di Uffici Postali in Brianza accusati di corruzione e violazione delle norme anti-riciclaggio e il gruppo facente capo a Giuseppe Pensabene, 48 anni, calabrese originario di Montebello Jonico in provincia di Reggio Calabria, ma residente a Seveso in Brianza.
L’INCHIESTA – Gli inquirenti, dopo indagini durate tre anni, hanno individuato nel cuore della Brianza un ufficio, collocato in un sottoscala, definito nelle intercettazioni “il tugurio”, dove si movimentavano decine di migliaia di euro a settimana per un giro d’affari complessivo milionario. Denaro successivamente depositato, da persone che potevano sembrare normalissimi clienti, in alcuni sportelli finanziari di Poste italiane. La società non risulta indagata e le annotazioni sui Cnr che la riguardano potrebbero essere solo degli atti dovuti. Ma in quanto ente a carattere economico, deve rispondere ai dettami della legge 231 del 2001, che punisce appunto chi trae profitto da attività illecite di dipendenti.