Per non dimenticare Trieste

rivolta di trieste

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L’appuntamento è un po’ retrò. Di quelli che per anni sono stati confinati nel patrimonio esclusivo dei reduci. Sicuramente sarà bollato come fascista da chi liquida le cose superficialmente e non vuole fare i conti con la coscienza. Siamo sicuri che l’accadimento, in altre parti del mondo, sarebbe stato sicuramente onorato come festa nazionale. Stiamo parlando dei sei morti “voluti” dagli americani che occupavano Trieste dopo la fine della guerra. Sei persone del popolo, di umili origini sociali (due studenti, due portuali, un partigiano e un ex bersagliere) che in quei giorni del novembre 1953, avevano avuto un unico torto: scendere in piazza per gridare, a gran voce, il ritorno della città all’Italia. La stessa Chiesa, con uno scatto d’orgoglio, scese in campo a favore di questa scelta.

L’EVENTO L’associazione A.D.E.S. ha organizzato per sabato 9 novembre, alle ore 18, alla sala Maddalena a Monza una conferenza con la partecipazione di Lucio Sidari, vicesindaco del libero Comune di Pola in esilio, Rossana Mondoni, docente di storia e filosofia, di Mario Viscovi. Per l’occasione sarà proiettato il cortometraggio: “Novembre le giornate di Trieste”

LA VICENDA Il 3 novembre, a Trieste, in occasione dell’anniversario del ritorno della città all’Italia nel 1918, il sindaco Gianni Bartoli contravviene al divieto di Winterton esponendo la bandiera tricolore dal pennone del municipio, ma subito ufficiali inglesi intervengono per rimuoverla e requisirla.

Il 4 novembre i manifestanti di ritorno dal sacrario di Redipuglia improvvisano una manifestazione per l’italianità di Trieste. La Polizia Civile, guidata da ufficiali inglesi, interviene duramente per sequestrare la bandiera dei manifestanti: ne seguono violenti scontri, che in pochi minuti si propagano in tutta la città.

Il giorno dopo, il 5 novembre, gli studenti proclamano uno sciopero e manifestano di fronte alla chiesa di Sant’Antonio. Al passaggio di una vettura della Polizia Civile, con a bordo un ufficiale inglese, danno vita a una sassaiola. L’ufficiale affronta i manifestanti, ma viene strattonato e gettato a terra sulle scale della chiesa. Interviene allora il nucleo mobile della Polizia Civile, creato proprio in previsione di queste giornate, che disperde i ragazzi che si rifugiano dentro la chiesa, dove vengono inseguiti e malmenati violentemente. Il vescovo Antonio Santin stabilisce per il pomeriggio la cerimonia di riconsacrazione del tempio: partecipano migliaia di cittadini, e all’arrivo delle camionette della Polizia nascono nuovi incidenti. L’ufficiale inglese apre il fuoco, e i poliziotti ne seguono l’esempio: muoiono Piero Addobbati e Antonio Zavadil, mentre decine di altri ragazzi vengono feriti. I segni dei proiettili resteranno visibili su due lati della chiesa fino alla ristrutturazione del 2012.

Il 6 novembre la città è attraversata da una folla immensa, decisa ad attaccare tutti i simboli dell’occupazione inglese: sono date alle fiamme auto e motociclette della Polizia, e viene messa a ferro e fuoco la sede del “Fronte per l’Indipendenza del Territorio Libero di Trieste”.

I manifestanti giungono in Piazza Unità d’Italia e tentano di assaltare il Palazzo della Prefettura, sede della Polizia Civile. Gli agenti reagiscono sparando sulla folla, ferendo decine di persone e uccidendo Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Saverio Montano ed Erminio Bassa.

Questo episodio costringerà le diplomazie a trovare una soluzione: undici mesi dopo il Territorio viene spartito fra Italia e Jugoslavia con il Memorandum di Londra.

 

 

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