Omicidio stradale, una legge non applicabile al caso dello studente di Villasanta morto nell’incidente in viale Brianza
Omicidio stradale e il silenzio della tragedia. Buona regola degli avvocati è non commentare i casi che non si conoscono. Ogni caso giudiziario ha le sue peculiarità: sono ben custodite nel fascicolo e chi non le conosce fa meglio a tacere.Taceremo dunque della ricostruzione dell’incidente in cui la vita di Elio Bonavita fu cancellata e quella di sua madre Nunzia comunque straziata.
OMICIDIO STRADALE – Basterà prendere atto che non risulta abuso di alcool o droghe in capo ad alcuno dei due conducenti ritenuti responsabili del sinistro di quella domenica mattina. Il tanto invocato “omicidio stradale” qui non sarebbe applicabile. D’altronde per molti autorevoli giuristi, il reato di “Omicidio stradale” è una sciocchezza mediatico-politica, volta a rattoppare le falle di un sistema di sorveglianza stradale, in cui si pensa soprattutto a installare radar invece che a far circolare più pattuglie: l’ennesima “grida manzoniana”, che potrebbe evitarsi con una corretta applicazione dei principi normativi già esistenti. “Nuovabrianza” riferisce che, secondo i periti della Procura, quella domenica mattina il conducente della Range Rover, che ha materialmente investito l’auto di Elio e Nunzia, aveva spinto la sua auto ala velocità di 120 km/h sulla strada del Parco: un viale notoriamente attraversato da chi va a passeggiare, pedalare e correre nel nostro polmone verde monzese. Nota di colore personale: c’era anche il sottoscritto e dà un certo brivido pensare che le fatalità accadono e sarebbe bastato un altro conducente sbadato o una carrozzina di traverso in strada in un altro punto e in un altro momento e magari la Range Rover, invece di Elio e Nunzia, avrebbe potuto investire qualcun altro mezzo chilometro più avanti. A 120 km/h, in un viale urbano, qualsiasi auto è come un proiettile vagante.
Di fronte a simili dati e col clamore mediatico di un dramma cosi coincolgente, gli avvocati dei due conducenti hanno ben poche scelte. Se l’indagine è solida come sembra, un processo di merito pare avere esito scontato e comporterebbe una sgradita notorietà per gli imputati oltre ad una probabile condanna di rilievo. Si potrebbe pensare ad un giudizio abbreviato. Come il patteggiamento, anche questa soluzione dà modo all’imputato di godere uno sconto di un terzo sulla pena finale determinata dal giudice. A differenza del patteggiamento, però, lascia al Giudice di stabilire la pena che ritiene più congrua: può derivarne qualche spiacevole sorpresa. Entrambi i difensori hanno preferito proporre istanza di patteggiamento. Vuol dire che ritengono inutile tentare anche solo un giudizio abbreviato. Preferiscono cercare di concordare con la Procura la pena meno afflittiva possibile per i rispettivi clienti e farli direttamente condannare, riducendo però i danni della condanna. D’altronde, tecnicamente, il momento processuale giusto di proporre l’istanza di patteggiamento per le difese è questo: così resterà valida anche nelle eventuali fasi giudiziali successive. Ebbene, nel caso dell’ipotesi di omicidio colposo di Elio e delle lesioni gravissime colpose a sua madre Nunzia, la pena proposta dai difensori è appena sotto la soglia dei due anni per avere la sospensione condizionale della pena. Niente reclusione effettiva e, se dopo la condanna l’imputato non commette altri reati gravi, dopo qualche anno la pena resta “condonata” (mi si passi l’espressione atecnica). Non è chiaro se il Pubblico Ministero abbia prestato il suo consenso a due simili ipotesi di pena. Per intepretare correttamente la situazione, è un dato non irrilevante perché, di norma, niente consenso niente patteggiamento. Altra questione di regola influente in questi casi sarebbe l’avvenuto versamento almeno di un consistente acconto sul risarcimento dei danni. E infatti il GIP ha disposto la citazione delle compagnie assicuratrici avanti a sè per la prossima udienza. Insomma la vicenda processuale non pare invero già risolta nel senso prospettato dalla stampa locale, “Nuovabrianza” inclusa: per ora, nessun patteggiamento e una sentenza ancora da scrivere.
Gigi Paganelli, un avvocato