Il buco con il monumento attorno
Natale Monza niente “mutande” per uno dei monumenti simbolo. Un vestito di luci per le festività alle porte sì, ma con le toppe. Per accorgersi che Monza e l’Italia in generale sia con le pezze al culo, basta farsi un giro in città. O poco oltre il ponte di San Rocco. Il comune che fu di Umberto I, ma anche di Gaetano Bresci, è stato costretto suo malgrado ad ammetterlo. La Sovrintendenza ai Beni Architettonici ed Ambientali ha detto no agli sponsor “sparati” sull’Arengario. Tra questi la parte del leone (non inteso come il ponte poco lontano…) l’aveva proprio un noto negozio di biancheria intima monzese. Quello assai frequentato dalle signore e signorine vip e vipparole della città. Peccato. Un gioco di luci e colori aveva allietato i politici per qualche ora durante le prove e illuso i monzesi che quest’anno ci fosse veramente qualcosa di nuovo. Un monumento come l’Arengario sponsorizzato da un venditore di costumi, lingerie (spero si scriva così…) perizoma ed altro. Roba di lusso avrebbe detto Renato Pozzetto. Ma pur sempre mutande. Accanto certo, c’era la cattolicissima banca dei “monzesi per bene”. Forse a fare da “pendant” al negozio di cui prima.
Natale Monza: cento vetrine
Quattro luci, cento vetrine e un paio di polemiche. Che l’assessore al Commercio Massimiliano Longo avesse una marcia in più, in città era noto da tempo. Che fosse la retro, i monzesi l’hanno scoperto sabato sera. In tempi di rally un testa coda è più che normale. Anzi dovuto, visto come si stavano mettendo le cose con la Soprintendenza. Proiettare sponsor sulla facciata dei monumenti sarebbe potuto anche essere cosa interessante (da notare il funambolismo temporale…). Per i monzesi che arrivano da cinque anni di amministrazione oscurantista della sinistra. Pure redditizio, per le asfittiche casse comunali sempre minate dai cattivi rossi comunisti. Che poi questi ultimi così sprovveduti non erano nel bilancio come hanno dovuto ammettere i nuovi padroni di Monza. Ma una cosa sapevano pure i bambini dell’asilo di Cederna. Che per farlo (utilizzare monumenti a fini pubblicitari) occorresse il parere preventivo della Sprintendenza. Ed allora vai di toppe sul muro di luci. Toppe chirurgiche. Da “haute couture”.
Natale Monza: push the button
Ma se le toppe sono la risposta al parere negativo della Soprintendenza, la domanda qual è? L’assessore come un novello pifferaio di Hameln pensava forse che tra leggi e leggine i Beni Culturali non si sarebbero accorti dell’inganno? Certo i “burocrati lunari” di Milano si sono comportati davanti alla novità come gli aristotelici che si allontanarono sdegnati dal cannocchiale di Galileo. Certamente le mutande sono parte importante della vita di un uomo e di una donna. Come le banche. Averle o meno (le mutande) può fare la differenza come sostengono ignobilmente gli avvocati difensori dei due carabinieri di Firenze accusati di violenza. Ma forse più che la sete di sponsor per dimostrare di essere diversi da quelli di prima e i pareri calpestati delle autorità, sarebbe stato meglio una riflessione ed informarsi prima. Non vorremmo, con buona pace di monsignor Talamoni che salvò con il suo voto l’Arengario dalla distruzione, che il prossimo anno ci fosse uno sponsor di preservativi. Così. Giusto per gratificare qualche celodurista della politica. E poi che volete che vi dica in chiusura: la vita continua è il buongusto che non è mai cominciato. Almeno per ora…
Marco Pirola