Morto il giocattolaio di Monza. Non stiamo parlando di bottega e commercianti. La politica della città che fu di Umberto I, manche che diede anche fama a Gaetano Bresci. Con la scomparsa di Angelo Minazzi, Monza perde un pezzo della sua storia politica. Quella degli anni Ottanta. Della “balena bianca”. Giocattolaio. Non si tratta di un epiteto riduttivo anche se tratto dalla sua attività di titolare di un negozio di giocattoli nel cuore della terza città della Lombardia, in piazza dell’Arengario.
Morto il giocattoliaio della politica
Minazzi non era un politico qualunque. Conosciuto in città per via di quel negozio di giocattoli sempre aperto. Poco nota ai più era invece la sua passione per la politica che lo aveva portato ai vertici della Democrazia Cristiana come esponente “basista” della sinistra del partito. Classe 1939 occhialini da miope, brontolone bonario, tuttologo impenitente. Quando la Dc di Monza contava eccome, il partito era attraversato dalle correnti. Lunghe riunioni litigate al limite della rissa nella sede di piazza Duomo. La notte dei lunghi coltelli è passata alla storia degli addetti ai lavori che masticano di politica come un episodio emblematico di come andavano le cose allora. Quando tutto veniva deciso non in Consiglio comunale, ma nelle sedi di partito. Molto spesso, anzi sempre in quella della Dc. Quella notte le correnti erano attraversate da una fibrillazione straordinaria al limite della tachicardia. I vecchi della Dc. Su tutti Vigilio Sironi, conosciuto come sua Sanità visto il ruolo fondamentale che ricopriva in Regione Lombardia era il bersaglio preferito dai congiurati anche quella sera.
Morto il giocattolaio la notte dei lunghi coltelli
Le urla si potevano sentire dalla piazza insolitamente animata nonostante l’ora tarda. Le 3 del mattino. C’era da nominare il segretario cittadino del partito ruolo fondamentale per tenere in equilibrio la “balena bianca” cittadina. Affari, politica, nomine, piatto ricco in quell’occasione. Molti temevano il peggio. Che poi era un mancato accordo e crisi di giunta. Dal cilindro venne fuori un uomo mite. Innocuo. Angelo Minazzi. esponente neanche di primo piano della “base”, la fazione democristiana che faceva riferimento a Giovanni Marcora ed era denominata “la sinistra Dc”. “Mettiamo lui che non fa del male a nessuno” dicevano gli uni non fidandosi degli altri. Alla fine pure gli andreottiani di Baruffi e compagnia cantante, i più recalcitranti insomma, capitolarono. Magicamente tutti gli incastri che poi erano le nomine, tornarono d’incanto al loro posto. E le correnti tranquille. Grazie proprio all’opera del “giocattolaio” finito per caso in quel posto di segretario cittadino che ti guardava sempre incazzato, ma era buono come il pane.
Dopo la “balena bianca”
Poi il declino dei partiti, la fine della Dc. tante cose. Lui dal suo avamposto di piazza dell’Arengario, stava in piedi sulla soglia del negozio. Ti vedeva. Un saluto e giù a raccontare aneddoti, sensazioni. Tutto rivolto al passato. Perchè nell’attuale presente politico ci si riconosceva poco il “giocattolaio”. Un po’ di nostalgia non fa mai male. Sembrava quasi sempre sul punto di piangere talmente aveva il magone. Ma era una maschera. Come quella che aveva indossato la sera di tanti anni fa e aveva fatto il colpaccio. Ciao “giocattolaio” è stato un piacere averti sfiorato durante la mia breve, ma intensa attività lavorativa.
marco pirola