Monza scomparso Tagliabue, l’uomo che sussurrava alle gomme

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Monza scomparso Tagliabue. E per chi non conosceva Domenico Tagliabue la notizia potrebbe rientrare nelle “canoniche” 20 righe di cronaca. Quelle tanto per intenderci che qualunque aspirante giornalista di provincia viene costretto a fare agli inizi della carriera. Quelle che ho “dipinto” tante volte io stesso che di carriera non ne ho fatta. Non è e non sarà così. Lo conoscevo. Eccome. Di solito quando qualcuno muore viene dipinto come una brava persona nei ricordi scritti. No. Kino Tagliabue lo era anche da vivo. E non si tratta solamente di parole di circostanza. Lui era un uomo mite.

Le gomme che facevano atmosfera

Monza non è una metropoli qualunque. Giratela come volete. La città delle contraddizioni che fu di Teodolinda, dei Savoia, ma anche di Gaetano Bresci, è una comunità. Di uomini fieri, ma capaci anche di piangere. Che vive di personaggi, di atmosfere (visto il mestiere di Kino la battuta vien sin quasi spontanea). Ma sono sicuro, avendolo conosciuto, che avrebbe riso lui stesso talmente era innamorato del sorriso. Tagliabue era uno di loro. Uno di noi.

Monza scomparso Tagliabue, il personaggio

Se ne è andato in una uggiosa mattina di metà maggio. Stroncato da un “male di quelli là”. Come diceva la mia povera mamma. Dove per “quelli là” si indicava una categoria infinita di dolori. Mali impronunciabili, taciuti quasi per esorcizzare. Concetto e parole semplici. Perchè Tagliabue era una persona semplice. Alla mano. Disponibile. Figlio della Brianza operosa e volenterosa che esiste ancora oggi nonostante tutto e tutti. Lo potevi trovare sino a poco tempo fa a cambiare le gomme nonostante l’età e gli acciacchi, ma soprattutto gli orari improponibili. “Quattro balle” raccontate tra atmosfere e cacciaviti che facevano trascorrere il tempo veloce e rendevano la visita nella sua officina qualcosa di unico. Tu non parlavi al meccanico nel maldestro tentativo di ottenere uno sconto. Lo sconto arrivava lo stesso, ma era lui che parlava a te. Dei racconti passati. Vita vissuta. Dell’autodromo di cui era innamorato perso (era stato anche campione italiano di Formula Monza). Dei fratelli Brambilla. Del parco. Della vita. Della amatissima moglie Gloria.

Qualche ricordo sparso tra le mie memorie

Mi ha sempre incuriosito il rapporto il rapporto di Kino, classe di ferro 1939, con la moglie. Vederli discutere era un po’ come guardare una puntata di Sandra e Raimondo Vianello. Piccole discussioni tra coniugi che avrebbero fatto la felicità di Eduardo De Filippo in una delle sue commedie. Gloria che non retrocedeva di un millimetro nelle sue convinzioni, lui che non lasciava ma raddoppiava. Poi improvvisamente obbedendo ad un copione consumato dagli anni di convivenza, scoppiava la pace tra i due complici. Perchè Kino e Gloria non erano marito e moglie. Erano due complici. In tutto e per tutto. Mi rimarrà impresso (non me ne voglia la figlia Paoletta) quello scherzo che mi fecero un decennio fa ormai. I fiori, la complicità degli amici. Il primo a sorridere era stato proprio lui. Io, vestito come il “ginetto della Magolfa” con un mazzo di fiori bianchi in mano che non capivo. Ero stato messo in mezzo, ma ci stava amante degli scherzi come sono. Ma questa è un’altra storia che interessa solamente a chi l’ha vissuta. Storia archiviata da me tra i bei ricordi di una vita.

Monza scomparso Tagliabue, lui, la bindella e il parco

Kino non si accontentava delle parole. Un anno si era incaponito nel voler tracciare con la classica “bindella” da geometra tutti i sentieri del parco di Monza. Stiamo parlando del parco cintato più grande di Europa. Ebbene, lo aveva fatto tra lo scetticismo di molti. Di quel lavoro eseguito solo a suo uso e consumo ne andava fiero. Ecco. Se il Padre Nostro è composto di 56 parole, per lui ne basta una sola. Fiero.

Marco Pirola

P.S.

Era molto legato al santuario della Madonna delle Grazie Vecchie. Stravedeva per i frati monzesi di quel convento. Sussurrando non tanto per la malattia, ma per il suo carattere poco avvezzo alle urla, ha espresso il desiderio che il suo ultimo viaggio partisse da laggiù. Martedì alle 14.30 saranno in tanti a dare l’addio ad un pezzo della Monza sentimentale. Perchè la Comunità, nonostante le divisioni, fa quadrato quando cade un alfiere. Ciao amico mio. Non sono riuscito a salutarti ieri per l’ultima volta come avrei voluto. Magari accampando una scusa. Tu avresti sorriso nonostante il dolore. Come l’ultima volta che ti ho visto.

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