Monza morto Viganò, comunista vero e romantico

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Alfredo Viganò, mago dell’Urbanistica, sindaco Pci di Muggiò, letterato, comunista romantico

Monza morto Viganò il penultimo dei comunisti in circolazione da queste parti. Personaggio romantico. E pure simpatico. Noi potevamo permetterci di chiamarlo semplicemente l’Alfredino. Per via della statura non proprio da watusso su cui pure lui scherzava amabilmente. Una volta commentammo “cafonescamente” un suo passaggio delicato sull’Urbanistica di cui era maestro indiscusso. Lo definimmo in malo modo. Il lavoro che aveva presentato era un prodotto di una “mens nana in corpore nano”. Scrivemmo con rabbia. Mi venne a cercare come un ossesso in centro Monza con la sua bicicletta da compagno doc. Quasi mi investì. Mise il cavalletto. Temevo il peggio. Rise. “La battuta è bella, ma la definizione è mia. Ho il copyright ed è pure vecchia di qualche anno”. Ecco. Con l’Afredino era alquanto facile litigare. Dava immensa soddisfazione perché non era stupido e teneva botta. Poi quando la politica nei ragionamenti iniziava a zoppicare si rifugiava nei dati, conti, calcoli tipici dell’architetto. Un pantano che solo lui capiva.

Monza morto Viganò, il personaggio

Già sindaco di Muggiò quando la cittadina alle porte di Monza era la Stalingrado della Brianza. Comunista vero mai pentito. Assessore all’Urbanistica a Monza inventore di Piani regolatori che erano croce e delizia degli irrequieti costruttori monzesi. Letterato collezionista di cartoline storiche di Monza. Le stesse che aveva lasciato in una serie stupenda di quaderni pubblicati. Una Monza che fu. Come lui. Ultimamente lo potevi vedere girare in bicicletta da città alla ricerca di sponsor per la sua pubblicazione. Si infervorava a raccontare la sua Monza antica. Antica come lui e le sue idee che non ha mai rinnegato. Quando era assessore molti, non solo avversari politici, lo volevano crocifiggere. Lui tirava dritto e li metteva tutti in un angolo con i numeri. Epiche le sue litigate urbanistiche con Mauro Ronzoni. Pure lui architetto in Comune, ma di idee diametralmente opposte. Ma erano litigi non da vecchi. Da competenti. Da esperti del settore e che avevano un pregio. Nessuno osava intervenire.

Monza morto Viganò, qualche aneddoto

Durante un Consiglio comunale di quelli “duri” sull’Urbanistica, erano arrivati qualcosa come 10mila emendamenti. Gli avversari li avevano fotocopiati e trasportati in aula con un paio di carrelli. La giunta di sinistra era quasi nel panico. Lui no. Sorrideva dallo scranno sornione dietro agli occhialetti da miope modello anni Sessanta. Gli anni dei collettivi che aveva frequentato assiduamente prima, durante e dopo l’Università. Quella dell’opposizione era chiaramente una mossa ostruzionistica che lui liquidò con una delle sue battute più efficaci facendo cenno, non proprio ortodosso, all’utilizzo finale di quella montagna di carta. Permaloso a volte verso chi non riconosceva la sua autorità di architetto. Lo guardava dal basso verso l’alto. “Io con gli imbecilli non parlo” diceva allontanandosi. Quando ti trovava nella pizzeria sotto casa sua, si alzava dal tavolo dove era. Ti veniva a salutare avvisando i presenti al tavolo di stare attenti a parlare con me. “Che poi scrive tutto e non sempre bene”. Non si poteva volergli male perché era un signore.

L’Alfredino e la morte

Da ateo convinto (sarà sepolto con una cerimonia laica) disquisiva sui miei pellegrinaggi a Lourdes. Cercando di capire cosa spingesse le persone verso quel luogo così lontano dalle sue idee. Dopo la morte della adorata moglie, aveva cominciato a farsi domande sull’Aldilà. Senza trovare risposte, diceva. Ma voleva capire. Era curioso. “Al duomo preferisco l’Arengario simbolo laico di Monza”. Diceva. “Sono allergico all’incenso, molto meglio le mie cartoline e le tue foto mattutine del nostro parco”. Dopo Erminio Ferranti scomparso dieci giorni fa. Dopo Franco Gaiani, l’ingegnere mecenate, ora l’Alfredino. Sono sicuro che starà già discutendo con Dio per rifare il Pgt del Paradiso. E pure dell’Inferno. Così come li ha descritti Dante, non avrebbero potuto andargli bene. Troppo gerarchici. Ma soprattutto non prevedono un girone a parte per gli architetti.

Marco Pirola

P.S.

Alla cerimonia laica in tuo onore ci saremo. Domattina andremo alla Madonna delle Grazie a mettere un cero per te. Così. Solo per farti un dispetto. Di quelli che ci siamo fatti per anni. Sicuri come siamo che saprai sfoderare un battuta micidiale delle tue mettendoci al tappeto. E non abbiamo nessun dubbio che in qualche modo riuscirai a comunicarcela. Ciao Alfredino. Eri un grande. Ma questo lo sapevamo…

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