Monza morta Franca Casati, 90 anni di storia della città

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Era conosciutissima, la sua cartoleria in centro era punto d’incontro dell’intera città

Monza morta Franca Casati. Quelli che bene parlano e meglio ancora scrivono direbbero che un altro pezzo della vecchia Monza se ne va. Vero. Ma per me non è “andata avanti” la storica “cartolaia” di piazza Carducci, ma un’ amica. Cara Franca, stavolta te li becchi tutti i miei rimbrotti che avrei voluto farti ultimamente e per mia e tua colpa sono rimasti in “canna”. Se vuoi che ti descriva come non eri. Come non ti ho conosciuta, come non ti vedevano gli altri, fai pure. Fermami. Sei ancora in tempo. Da lassù e sono sicuro che troverai il modo. Come? Semplicemente come dicevi tu quando volevi raggiungere qualcosa: “Mi a vo’ in di gamb al diavul”. E io tutte le volte aggiungevo che non avrei voluto essere nei panni del diavolo. Ma so che non lo farai perché a te piaceva ridere, giocare, incazzarti. Madonna quelle tue incazzature epiche. Un po’ come quel modesto piccolo giornalista di provincia che tanti anni fa accogliesti con simpatia nel tuo avamposto o portineria come la chiamavo io. Una finestra sulle chiacchiere da paese. Sì, perché Monza era Franca Casati e lei era Monza. E tutte e due erano un paese. Una sorta di regina Teodolinda che compiuti anni 90 usava ancora la lingua come una spada. Piena di energia, senza guardare in faccia nessuno. Irriverente.

monza morta franca casatiMonza morta Franca Casati, la fine di Teodolinda

Scrivere in poche righe e rendere il personaggio Franchina è facile. Facilissimo. Anzi impossibile. Dovrei fare a pugni coi ricordi e le buffonate che ci raccontavamo nelle visite sempre più rade al suo avamposto da guerra dei tartari. A differenza della finzione scenica del romanzo di Buzzati, da lei i nemici arrivavano tutti i giorni. Vuoi lo “sventurato” che non l’aveva riconosciuta per strada ed ora i negozio faceva lo splendido per ottenere lo sconto. Vuoi quello che aveva osato suonare il clacson mentre faceva manovra o al suo Carletto, il re delle fotocopie che altro non era che suo marito. Rifletto. Cerco nella memoria. Un velo di tristezza sale dal petto sino alla gola.

Monza morta Franca Casati Sandra e Raimondo

E poi arriva la telefonata di Pietro Mazzo. L’ennesima sull’argomento. Ed anche qui come faccio a rendere il rapporto tra i due? Problema. Mazzo e la Franchina erano, seppure sposati con altre persone, come Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Non si potevano vedere, ma si cercavano sempre. Rappacificandosi con enorme teatralità degna di una commedia dell’Ottocento. Quando i due litigavano erano guai per l’intera città. Non era ammesso il grigio. Si doveva scegliere: o con Mazzo o con la Franchina. Inutile chiedere su cosa si basasse la contesa. Il rituale era sempre lo stesso. Una convocazione solenne nell’atrio della cartoleria. “Tu giornalista, da che parte stai”. E poi andavi a scoprire che si trattava di un invito arrivato in ritardo. Di una chiamata fatta non coi dovuti canoni e non consona al rango di regina. Uno sgarbo fatale. Era guerra fredda e di parole. Infine arrivava Pietro Mazzo con una lettera “riservata personale” (le persone di una certa età scrivono ancora altro che Facebook). La Franchina leggeva. Rileggeva. E scendevano le lacrimucce. Era pace fatta. Ci voleva poco a far contenti i due vecchietti. Una cena con le rispettive delegazioni di guerra sanciva la pace duratura almeno sino al prossimo dispetto.

Monza morta Franca Casati il necrologio sul tovagliolo

Sì, glielo avevo scritto. Una sera ad una cena allo Sporting qualche anno fa. Su di un tovagliolo bianco. Mi aveva tirato da parte. Aveva guardato in giro con sospetto e sparato. “Ue giornalista vedi di scrivere il mio necrologio quando morirò. Tra qualche decennio”. Da allora ne erano passati 3 di decenni. Il tovagliolo non so più che fine ha fatto e il necrologio c’è. Spiace cara Franchina, ma non lo scriverò qui sopra. Non è ancora il momento. Tu non sei morta. Sono sicuro che si tratta di una delle tue diavolerie per cui andavi giustamente famosa. Il giorno del funerale (mi auguro come volevi in Duomo come si confà alle regine perché regina tu lo eri veramente) salterai fuori dal fondo con una delle tue battute. “Guarda qui quante facce di palta”. Conterai le lacrime e i sorrisi di tutti. Ma a me non mi (rafforzativo) freghi stavolta. Io so già che si tratta di uno scherzo. Giovedì verrò triste, ma preparato…

Marco Pirola

P.S.

Cara Franchina, avrei potuto scrivere un libro su di te come ti avevo promesso un tempo. Chissà le risate. Le gare di bocce, i pranzi ufficiali ed ufficiosi, i mille racconti. Meglio così. Meglio di no. I mille aneddoti vissuti rimarranno tra me te e il Carletto, tuo marito che facevi diventare rosso tutte le volte. Io che non ho mai tempo ora mi toccherà passare spesso in via Foscolo. Un ultimo scherzo voglio farti. Metterò quella foto con i capelli cotonati (uno dei pochi vezzi che avevi). Così per farti arrabbiare ancora sicuro come sono che ti rincontrerò e non mi farai sconti…

 

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