Alberto Mariani lascia dopo 30 anni la Lega Nord per abbracciare il progetto di Grande Nord
Monza Mariani se ne va sbattendo la porta. Un ritorno all’antico quello dell’ex capogruppo leghista. Al sanguigno padano, dopo i “negri”, sono tornati a stare nuovamente “sui coglioni” pure i “terroni”. In questo dobbiamo dargli atto. Alberto Mariani è sempre stato coerente con se stesso e i suoi elettori. Quella leghista degli ultimi tempi era una pausa dettata da esigenze “tattiche”. La veste salvianiana “grigioverde” (nel senso militar-sovranista del termine…) gli stava assai stretta. E non era una questione di taglia visto il generoso girovita di cui è dotato. Fuori dall’aula consiliare quando suonano l’inno nazionale. Con il rischio magari di non garantire il numero legale. Le sue sparate contro il prefetto che poco si addicono al ruolo istituzionale di maggioranza. Qualche mancato riconoscimento personale all’interno del partito difficile da ingoiare. Un po’ come certe cotenne della cassouela (il suo cibo preferito) che scivolano lentamente verso l’esofago e che irritano il palato per via di quei peli bruciati male dal cuoco prima della cottura.
Monza Mariani: quei giovani leghisti mantenuti…
Alberto Mariani è una figura storica della Lega a Monza. Ha cominciato 30 anni fa a fare politica con la Lega Lombarda di Umberto Bossi. Quella dell lotta ai terroni appunto. Il suo è stato un lungo addio. Come nel romanzo di Raymond Chandler. Insofferenza, aspettative tradite. Le candidature alle Regionali dove i big di partito hanno fatte scelte diverse dai suoi desideri. Che poi altro non erano che un posticino al sole del Pirellone per lui o in alternativa per la moglie. Qualche nomina nelle municipalizzate della Brianza da lui sponsorizzata di cui i vertici hanno scoperto l’esistenza (della nomina) in tempi successivi. Insomma, normale bagarre. Aspettative legittime per uno che ha militato nella Lega da decenni e si è visto scavalcare dai ragazzini rampanti targati Matteo Salvini. Ci sta. Mariani contesta della Lega attuale, la pervasività dei Giovani padani e soprattutto, “Il fatto che molti di loro siano stati sistemati in Regione, quasi come in Sicilia”. Chi ha fatto la Lega, chi l’ha servita senza chiedere nulla per decenni è stato messo da parte, in una sorta di cimitero degli elefanti.
Monza Mariani passato e futuro
Dopo sei lustri ha deciso di scendere dal Carroccio che considera ormai affondato. E di salire su quello del Grande Nord alla presenza di tutto lo Stato Maggiore. Dal segretario Roberto Bernardelli a Monica Rizzi passando per Matteo Brambilla. “Sono stato eletto con i voti dei miei concittadini, dopo un anno però posso dire che molto poco è stato fatto. A loro, alle gente che mi ha votato voglio dire che resterò fedele”. Dice sincero e commosso nel discorso d’addio. Mariani ce l’ha con la gestione di Salvini, con la mancata riconoscenza verso chi avrebbe avuto mandato ad operare dalla gente per il bene comune. “Perché la politica è un bene comune”. “Ho deciso di passare a Grande Nord perché per me significa tornare a casa”. Mariani è durissimo, pur essendo molto emozionato. Leggendo una favola, accusa la Lega di essere diventata un movimento senza onore e senza amore. La favola del padano duro e puro. Del Bossi dei primi tempi che lanciava i soldi in aria dicendo che quelli che sarebbero rimasti attaccarti al soffitto sarebbero rimasto per lui e la famiglia e gli altri tutti alla Lega. Sappiamo come è andata a finire…
Marco Pirola