L’evento musicale dell’anno a Monza
Da clandestino alla tarantella passando per i saluti scontati a Monza città ospite e a quelli un po’ meno rivolti al Salento. Dalla musica della colonna sonora di Pinocchio rivisitata dalla chitarra elettrica a “King of the Bongo” contaminato da una versione più recente. Dalle bandiere del partito Sardo d’azione sventolate con orgoglio tipico solo di quella terra, ai fumogeni rossi accesi a metà concerto. Dalle copertine d’ordinanza in stile etnico dei fans accorsi in massa (quasi 50mila i biglietti venduti) per celebrare il rito con il sacerdote no global, ai fiumi di birra rigorosamente dello sponsor. Ed ancora: Dai figli dei figli dei fiori mezzo secolo dopo alle stesse canne di allora. Potrebbe essere l’inizio di un quadro della notte di Monza al parco tra spettatori paganti e volontari del soccorso costretti a cercare gli ubriachi nei prati per evitare loro l’ipotermia della notte. Ma ridurre quello che è successo sabato sera al parco di Monza ad una massa consistente di ubriachi e tossici (seppur presenti in forze) può sembrare riduttivo. Che fare allora tacere quello che ho visto e sentito? Scrivere il solito articoletto fotocopia? Non sarebbe giusto né l’uno né l’altro. Ma altrettanto ingiusto sarebbe tacere il lavoro dell’organizzatore, colui che ha fortemente voluto questa manifestazione, quello che ha scalato le montagne di problemi che ha rischiato la faccia e qualche altro organo “vitale” in modo che venga sminuito.
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Qualche centinaio di coglioni strafatti e pochi amministratori che non hanno fatto il loro dovere pretendendo l’impossibile non devono scoraggiare Roberto Masi. Il vero vincitore è lui. Altri meritano, ma vengono dietro mi spiace per loro. I vertici dell’autodromo, presenti al concerto, stavolta non hanno sfigurato. Francesco Ferri, il direttore, è riuscito a passare in 48 dalla scrivania di Bernie Ecclestone al palco di Manu Chao. Certo non ha brillato chi non ha previsto i bidoni della raccolta della spazzatura in maniera adeguata, chi ha fatto pagare a Masi e all’autodromo anche spazi vitali per ordine pubblico, ma non voglio rovinare la festa.
IL CONCERTO PARTE PRIMA – Primo falsh. I gruppi di contorno che suonano dal pomeriggio, si capisce subito che non saranno all’altezza del “sommo sacerdote” il cui arrivo è previsto per le 21 per il concerto. Unica curiosità che rimane di due ore precedenti, sono i gemelli del reggae. Identici come ” i gemelli diversi” nostrani. Talmente uguali che quando per due volte vanno in bagno nel backstage, gli astanti li confondono pensando fosse uno solo impedito da un impellente bisogno. Secondo scatto: Il pratone si riempie mano mano e l’attività dei volontari di Croce Rossa di Monza ha un crescendo rossiniano pari a quello del tasso alcolico di qualcuno. C’è anche tempo per fare due risate. Quando all’ingresso del settore “ospiti” arriva una signora settantenne con marito. A qualcuno (io) viene spontanea una battuta sull’imminente concerto di Al Bano che si terrà a Milano tra qualche giorno e sulla data sbagliata dalla coppia. La signora mi ricaccia in cantina sfoderando una cultura da manuale su Manu Chao. Colpito (io) affondato. Giuro non farò più battute.
IL CONCERTO PARTE SECONDA – Manu Chao arriva con qualche minuto di ritardo con la band. Il solito pulmino d’ordinanza parcheggia proprio dietro il grande palco. C’è la scorta che con fare gentile e quasi commuovente ti consiglia di non fare foto. La mano della sicurezza deve avermi convinto ad allontanarmi più delle parole, ma va bene lo stesso. Quello che dovevo vedere ho visto. Niente. Venti minuti di aggiustamenti sul palco con grande uso di nastro adesivo per i cavi. Poi arriva il folletto di Parigi. Nel frattempo ho chiesto a qualcuno dei presenti (tra i più sobri) nel pubblico se si ricordassero di che nazionalità fosse il compagno Manu, così per tastare la preparazione. Il risultato è stato devastante: non uno ha risposto esattamente. Ma non è colpa loro. Nelle prime file, quelle occupate da ragazzine e ragazzini, il tasso alcolemico era abbondantemente sopra il livello di guardia. Manu Chao canta, salta, balla suona per oltre due ore. Quando scopro che ha la mia età, ho preso a calci la carta di identità. Certo, ieri sera, lui sembrava poter godere di qualche aiuto extra endorfine, ma ciò non toglie che la sua agilità fisica mi ha fatto sentire una “merda da divano”.
IL CONCERTO PARTE TERZA – Aneddoti sparsi di quello che ho visto. Se volete fermarvi alla cronaca del concerto che tutto sommato considero positiva, ecco questo è il momento di farlo. Chiudete qui la lettura se non volete sentir parlare della guerra del Vietnam dietro le quinte. Come nel telefilm Mash. Di nasi staccati a morsi, di gente intubata alle 3 del mattino perché ubriaca ha battuto la testa, di ginocchia spettate e caviglie rotte. Oltre che di coma etilico e gente con qualche problema per aver esagerato nell’uso di droghe. Di ragazzi trovati nei campi a dormire ubriachi fradici e svegliati dai volontari di Croce Rossa evitando così loro la morte sicura per ipotermia. In tutto oltre un centinaio di interventi in quella sorta di ospedale di prima linea. Il più grave un ragazzo intubato sul posto di notte perché incosciente e trasportato al pronto soccorso per un ematoma al cervello. E’ stato operato stamane (domenica). Sta meglio. Se invece siete curiosi per natura come me e volete sapere leggete l’editoriale a fianco.
Marco Pirola