Monza: Green Hill sentenza d’Appello, gli animalisti: “Saremo tutti a Brescia”. Sarà un giorno importante martedì 23 febbraio e lo sarà per davvero. Sì perché i magistrati della Corte d’Appello di Brescia dovranno esprimersi sulle condanne in primo grado emesse lo scorso anno contro i responsabili della “fabbrica della morte” di Montichiari. E le associazioni animaliste d’Italia, Monza compresa, si preparano ad assistere al processo, lanciando il loro appello: “Saremo a Brescia nella speranza che i giudici confermino le condanne di primo grado”.

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La foto diffusa da Lav che mostra un dipendente di Green Hill con un cucciolo morto

LA VICENDA – Green Hill balza agli onori delle cronache nell’aprile 2012 quando infine vengono posti i sigilli (definitivi) all’unico allevamento italiano di Beagle destinati ai laboratori scientifici. Vivisezione, come alcuni cercano ancora di chiamarla. Torture, cuccioli uccisi con ancora il cordone ombelicale attaccato, come dimostrano le foto diffuse dalla Lega antivivisezione. Una fabbrica, si diceva. Perché a Green Hill i cani vivevano reclusi in gabbie senza luce naturale, in attesa di essere spediti in scatoloni destinati alle aziende che se ne servivano. In altre parole, una produzione in serie con finale già scritto. Da quanto emerso, i cani venivano sezionati, conservati in celle freezer e nel caso in cui fossero affetti da malattie gravissime come la parvovirosi, sacrificati. Secondo le stime, a Green Hill (nome quanto mai inappropriato, nda), sarebbero stati 6mila i cani morti. Nel 2012, l’epilogo con la chiusura definitiva dello stabilimento. Allora gli animalisti fecero incursione e liberarono ben 3mila beagle, di cui alcuni arrivati anche a Monza, presso l’Ente protezione animali e affidati a famiglie dopo un delicato percorso di inserimento alla vita. I cosiddetti “ladri di beagle” furono condannati per furto, ma il destino di Green Hill era oramai segnato grazie al decreto legislativo 26 del 2014, voluto dall’ex ministro Michela Vittoria Brambilla, che vietava definitivamente gli allevamenti a scopo sperimentale.

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IL PROCESSO DI PRIMO GRADO – Alla sbarra, lo scorso anno, davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Brescia, Renzo Graziosi, veterinario, Ghislane Rondot, co-gestore di Green Hil e Roberto Bravi, direttorie dell’allevamento. Per loro le sentenze di condanna sono state ad un anno e sei mesi per i primi due e un anno per Bravi. Fu assolto invece Bernard Gotti, altro co-gestore. Per i condannati la corte dispose anche la sospensione dell’attività per due anni. I capi d’imputazione uccisione e maltrattamento di animali. Ora, tra una settimana, si giocherà la sentenza d’Appello.

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TESTIMONIANZE CHOC – Video, filmati, foto diffuse dalle associazioni animaliste. Sarà questo il materiale su cui si deciderà l’ultima parola. Foto raccapriccianti – come quella di un individuo con un cucciolo dal cranio aperto che mostra all’obiettivo il dito medio – che parleranno per i Beagle utilizzati, così si dice, per la ricerca. Di sicuro c’è soltanto che l’azienda non riaprirà, ma tuttavia un pericolo esiste. Quello che la Corte possa disporre la restituzione dei cani ai legittimi proprietari per il trasferimento all’estero, dove vivisezionare una creatura è ancora possibile. Per questo motivo, le associazioni animaliste italiane – Enpa Monza e Brianza compresa – martedì prossimo saranno a Brescia. 

LA SPERANZA – Tutti a Brescia, nella speranza di una sentenza che non faccia che tutto il dolore passato da 6mila poveri animali sia stato vano. Saranno in piazza pacificamente con bandiere e striscioni per far sentire la loro presenza. Chi può, vada. Sarà il benvenuto. La manifestazione inizierà alle ore 9.30 sul piazzale del Tribunale di Brescia.

 

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