Monza i funerali in duomo per l’ultima regina

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Folla, lacrime, ricordi e un pizzico di nostalgia per l’ultimo saluto a Franca Casati

Monza i funerali in duomo per Franca Casati ultima tappa di una grande esistenza durata 90 anni. Se il funerale è il riassunto di una vita, quella di Franca Casati deve essere stata una bella vita. Ore 10.45 di un giovedì di mercato qualunque. Caos da casbah marocchina in centro. Sul sagrato del duomo si inciampa in una Monza che sta scomparendo. Facce tirate, qualche lacrima ancora prima di iniziare. Acciacchi che si sprecano, ma quelli del mondo della Franchina non sarebbero mancati per nessuna ragione. Politici di tutte le razze, il sindaco con la fascia tricolore, i vigili con il gonfalone ed in alta uniforme. La delegazione di Cesanitico venuta apposta per l’ultimo saluto a lei che aveva fatto della cittadina romagnola la sua seconda patria dove si trasferiva in estate per respingere la calura estiva di queste parti.

Monza i funerali la cerimonia

Niente. Pensavo fosse un suo ennesimo scherzo e mi aspettavo da un momento all’altro di vederla spuntare da dietro l’acquasantiera facendo”cucù”. Ho guardato più volte, ma niente. Quando ho visto il Carletto, una pasta d’uomo relegato da sempre con classe a fare da principe consorte alla Franchina, sorretto a stento e tremolante, ho pensato. E’ finita. Almeno la sua avventura terrena fatta di Giovannino d’oro, di pettegolezzi, di tanta bontà.

Monza i funerali chi c’era

Dentro sindaci presenti e passati. Da Michele Faglia che entra in chiesa scivolando sulle sue Tod’s da radical-chic. A Dario Allevi impettito nei suoi rayban scuri da cerimonia. passando per Roberto Scanagatti con la sua “grisaglia” d’ordinanza. Lo stesso per cui la Franchina aveva un debole materno. Destra e sinistra assieme perché la Franca non era una semplice bottegaia. Era una di loro. Un’amica. E così il giovanissimo Andrea Arbizzoni con il “bomberino” d’ordinanza da stadio e l’occhietto lucido malcelatamente nascosto dagli occhiali da cattivo. Martina Sassoli in piedi in fondo alla navata che in solitudine, raccolta, recitava le orazioni d’ordinanza tipiche di un funerale. Michele Erba che per lei aveva una venerazione particolare. In un angolo pure lui. Pierfranco Maffè che era già in Duomo dal funerale precedente ed in anticipo su quello successivo.

monza i funerali casati

Monza i funerali la regina e il nuovo re

Il numero uno della politica passata, ma pure attuale. Claudio Teruzzi, l’ingegnere, per gli amici semplicemente “bombolotto” per via di quella conformazione fisica non proprio filiforme. L’ex vicesndaco, il costruttore, l’amico fraterno di Craxi, è scosso. Sapevo non stesse poco bene. Si alza a fatica dalla sedia mi si avvicina e con una battuta delle sue (grandiose a volte…) sussurra a se stesso. “Sono arrivato ad un’età in cui vado più ai funerali che ai matrimoni, vadavia il cù va…”. Certo l’esclamazione non è il massimo per essere nella casa del Signore, seppur sul portone d’uscita, ma lui sa che all’Infermo ci dovrà andare lo stesso… E poi la Franchina avrebbe apprezzato l’irriverenza. Dall’altro lato il suo quasi omonimo Gianfranco Terruzzi detto “Zio Terry”, il presidente, a Monza lo conoscono tutti quanti. Figurati se si sarebbe perso la cerimonia. E poi l’avvocato Gigi Peronetti che a sorpresa, lui radicale impertinente, al momento della comunione si alza e si mette in coda. Il più grosso commerciante di vini al mondo Giuseppe Meregalli, stessa generazione ad alto tasso di monzesità.

monza i funerali casatiMonza i funerali e il principe consorte

Era il giorno del Carletto. Il principe consorte non ha mai amato le luci della ribalta a differenza della Franchina. Lui che diventava rosso alle battute della moglie gli è toccato sopportare il peso della cerimonia. Lo guardavo da lontano. Lo immaginavo ancora sorridente mentre raccontava le sue avventure in montagna. Li vedevo marito e moglie che si appassionavano nelle discussioni. Fosse semplicemente un ricordo di Walter Bonatti per cui stravedevano o la partita a bocce in Romagna dove la Franca era al tempo stesso giudice, organizzatrice, animatrice, sponsor, seduta al suo tavolino in cima ai campetti da cui teneva d’occhio tutto il suo regno riverita e servita. Regno. Sì. Perché di territorio si trattava e tratta. Di Monza. Quella città piccolo borghese in cui sono nato che sta man mano scomparendo. Di melanconia. Forse. Sì, ha ragione il vecchio “Bombolotto” e dico a me stesso: vadavia il cù va…

Marco Pirola

 

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