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Le immagini del funerale in duomo per Peppino Fumagalli
Monza, funerali in duomo per Peppino Fumagalli ultimo re della Candy. Se il funerale è il riassunto di una vita, quella di Peppino Fumagalli è stata una bella vita. La Monza che conta, ma anche i suoi dipendenti e gente comune lo hanno accompagnato nell’ultimo viaggio nella chiesa per eccellenza di Monza. Cerimonia ed occasione solenne come solo il duomo lo può essere. Sì, perché a fare da contraltare alla politica che il signor Peppino ha sempre guardato con occhio strano. Agli industriali sui colleghi (si fa per dire visto che lui apparteneva ad un altro pianeta…) alle autorità schierate in pompa magna, c’erano loro. I signori nessuno. Tanti. I dipendenti. Tutti. Gente cui aveva dato lavoro e speranza in tanti anni, in quell’azienda partita dalle rive del Lambro e finita a governare il mondo degli elettrodomestici nel mondo. Candy un colosso, Peppino il suo re. L’elenco delle autorità sarebbe un inutile esercizio di stile. Vedere però Ermino Ferranti, lo zio Ermy, l’ammiraglio, il fotografo di tante battaglie, un padre per la mia generazione di giornalisti, stanco e provato che con il suo bastone si è trascinato sino in duomo, è stato un colpo al cuore. Ha voluto essere lì pur avendo tutte le scusanti del mondo, proprio per lui. Per il signor Peppino che lo ha sempre trattato da pari e non da mestierante timoroso delle sue foto. E poco più in là Angelo Scotti, un pensionato, ma non uno qualunque. Lui è Scotti, il supertifoso del Monza onnipresente alle partite dei biancorossi, che si commuove al passaggio della bara ricordando di quando litigò con lui perché invece del Monza aveva sponsorizzato la Formula 1. Patrizia, la segretaria del signor Peppino Una “crista” come si dice in Brianza, aveva gli occhi lucidi invano nascosti dagli occhiali da sole. Lei si sarebbe buttata nel fuoco per quell’uomo che l’aveva voluta accanto per anni nell’Ucid, l’associazione che riunisce gli industriali cattolici. E tanti altri che qualcosa dovevano a quell’uomo silenzioso che camminava rasente i muri per non disturbare. Gente semplice il cui candore faceva a pugni con le domande idiote delle televisioni sulla morte del re delle lavatrici. Con lui hanno sepolto non solo l’uomo buono, ma anche una razza di industriali che non ha eredi.
Marco Pirola