Monza è morto Rommy di una di “quelle brutte cose là” come diceva la mia povera mamma girando la testa dall’altra parte. Talmente brutta che non si poteva pronunciare. Guai. Dato il naturale tributo alle indicizzazioni del web, ora iniziamo a fare sul serio. Camerata Romano Villa, presente! So che l’incipit di questo articolo farà storcere il naso a qualcuno, ma era esattamente quello che mi aveva fatto promettere di scrivere dopo il nostro ultimo incontro il giorno in cui avrei saputo della sua scomparsa. L’ultimo desiderio di un condannato a morte si rispetta sempre. Fosse una semplice sigaretta. Però di quella abusava già di suo ed era sempre riuscito a procurarsele nonostante i medici. La sua richiesta un po’ mi ha ricordato Giovannino Guareschi. La contestata bandiera monarchica messa sulla bara della maestra di Peppone portata a spalla dai comunisti sul sagrato della chiesa in un mitico episodio di don Camillo.
Monza è morto Rommy, la “tettata” di ossigeno
Quel giorno davanti avevo non un uomo dilaniato dal cancro, ma l’ombra dei ricordi di una vita lavorativa di cui Rommy ha fatto parte per oltre 30 anni. Eppure quella volta, nemmeno tanto lontana nel tempo, tra un colpo di tosse, una “tettata” di ossigeno come diceva lui, c’era sempre di mezzo lei. La Marlboro rossa fumata avidamente come faceva sempre. “Che vuoi che sia una delle ultime… ormai ci siamo caro Marco e poi non rompere i coglioni pure te. Io non muoio mica… mi sposto solamente un po’ più in là…. sono curioso di natura. Lo hai sempre saputo”
Rommy re della scopa d’Assi
Una richiesta neanche strana vista la sua vita intensa. Indigeno della Seguina. Nato in quartiere che prende il nome da una sorta di fusione di Bosnia con Erzegovina dove nell’Ottocento stazionavano in periferia le carovane degli zingari perchè era meglio non fossero viste dai monzesi. Sapeva raccontare. Una sorta di Tonino Guerra della Brianza. Parlantina sciolta e una fantasia invidiabile. Famosi i suoi racconti al “Colibrì” con la stecca da biliardo in mano e la sigaretta in bocca. Quel bar (ma è riduttivo) è entrato a far parte della vecchia Monza. Quella un po’ borderline dove le partite della notte che duravano sino al mattino ed attiravano osservatori da tutto il circondario estasiati dalle giocate e dai soldi delle scommesse infilati nelle buche del biliardo. Rommy. Lo potevi trovare anche seduto al tavolo della “Galera” che poi era il soprannome di un “trani” dietro le carceri vecchie di Monza. Sulla sedia di paglia di un bar della periferia briantea con in mano un mazzo di carte da scopa. Gioco in cui eccelleva. Lui, Giuan Magni e un tale di cui ricordo la faccia, ma non il nome. Forse Cacioppo si chiamava, erano i numeri 1 di questo gioco. Osservarli in religioso silenzio si imparava non tanto a giocare, ma la psicologia del vero giocatore di carte. Poi alla fine urla, strepito, “porconi” a raffica e sempre e dico sempre gli immancabili commenti sulle giocate. Nei tempi d’oro era stato promotore di un casinò clandestino dalle parti della Motorizzazione dove aveva montato una roulette vera e tavoli da gioco tutt’altro che deserti.
Monza è morto Rommy, gli aneddoti
Potrei scrivere un romanzo su di lui talmente mi aveva affascinato la sua vita. Ho deciso di scegliere tre episodi-racconti che avremo sentito mille volte, ma ciascuna era sempre ricca di qualche particolare che la volta precedente si era dimenticato. Altri (tanti) finiranno nella tomba con me, altri ancora chissà.
Rommy il partigiano
Se scorrete un po’ il mouse ed andate all’inizio dell’articolo troverete la frase d’inizio. E pensare che lo chiamavano “il partigiano”. Non andava ancora a scuola quando era arrivato anche a Monza il 25 aprile e la Liberazione. Una colonna di partigiani era passata dalla Seguina festante. Canti, spari in aria e Romano Villa, 5 anni o poco più, salta su di un camion. Ritornerà a casa una settimana dopo. Muggiò, Nova, Varedo tutti, lui compreso, a festeggiare la vittoria. Pensavano fosse morto ed avevano fatto dire una messa per lui. Lui, fazzoletto rosso al collo, irrompe al bar dei democristiani del quartiere a cantare a squarciagola “Bella Ciao”. Pietrificati.
Rommy il golpista
Passata la sbornia comunista diventa socialista prima e poi finisce a fare il paracadutista nella Folgore. E qui la realtà si mischia alla fantasia in una sorte di cocktail generoso coi ricordi e le aspettative di una vita d’azione che aveva sempre sognato. Ne abbiamo (io e gli astanti) sentiti molti di ricordi in merito. Dal mazzo ne ho pescato un po’. Il tentato golpe dell’Immacolata. Un tentativo di colpo di Stato da operetta messo in piedi dal comandante Junio Valerio Borghese. Naturalmente Romano Villa risponde presente. Viene paracadutato in Calabria durante la notte. Il vento lo porta lontano dall’obiettivo e finisce da solo in un pollaio sperso sulla Sila. Per sette giorni si nutre di uova e galline aspettando gli ordini che non arrivano. Perchè? Semplicemente perchè se lo erano dimenticato. Risate, urla, bicchieri di vino che scendono giù. Il racconto dura un’ora abbondante ed è stato ripetuto più volte. A richiesta.
Monza è morto Rommy, quella volta che…la fiche maledetta
Voi avevate mai visto uno che fa bloccare un intero casinò per cercare una fiche caduta a terra che non si trova? Una sera delle tante passate da Rommy con il demone del gioco accanto. Un episodio da teatro perchè lui alle parole aggiungeva la rappresentazione visiva e mimava anche i congiuntivi di cui non ne ha mai sbagliato uno. Serata nera. Rommy è sotto di tanto. Ultima fiche. Quella della rassegnazione. Lui la afferra. La ancia al croupier. La “maledetta” rimbalza sul tavolo verde e cade a terra. Direte voi: facile, quel pezzo di madreperla non può essere andato lontano. Eppure non si trova. Il tavolo si ferma. Altri spettatori si aggiungono ai ricercatori. La moquette deve aver inghiottito la fiche. Rommy si agita. Inizia a parlare da solo ad alta voce disturbando tutto quanto il casinò. Molti si uniscono alla squadra di ricerca. Alla fine si trova. E qui scattava l’attore. Rommy che mima la fiche che cade e va ad impiantarsi contro la gamba di una tavolo in posizione verticale. Lui appiccicato al muro che imita la fiche dandole voce non è solo un racconto. È fantasia, genio teatro puro.
Monza è morto Rommy, quella volta in cui fallì…
Della sfida a nuoto con Flavio Chioetto, l’autista del sindaco, ho già raccontato. Bloccarono un’intera piscina con tanto di cartello. Era stato allontanato (poi reintegrato) dal Consiglio comunale per un fallimento di 1.500 euro di cui non aveva capito la portata. Una carognata arrivata all’improvviso nel disordine dei conti della ditta. Volle parlare a tutti i costi per l’ultima volta davanti all’aula muta. Ci aspettavamo tutti l’ennesima sua supercazzola. Invece debbo dire l’esatto contrario. Mi fece vedere lo scritto che aveva preparato. “Che ne pensi? disse triste”. Lo stracciai e gli diedi un consiglio: parla a braccio, fai parlare il Romano Villa che conosciamo tutti. Ascoltò. Molti gli batteremo le mani non solo dell’opposizione. Oddio, ci mise alla fine del suo in dialetto monzese. Citando il maglione di cashmere che indossava il cui costo era ben superiore alla cifra contestata. Giù applausi e risate.
Rommy, aspettando il funerale…
Romano, una vita passata come quel camion dei partigiani che il 25 aprile lo aveva “rapito”. Non aveva mai superato il trauma della figlia rimasta paralizzata per anni dopo un incidente stradale. L’inizio del declino. Un’agonia, un calvario, non solo interiore, da cui non si è mai ripreso. Ci eravamo persi di vista poi la richiesta di un ultimo incontro dove uno (io) va sapendo il finale tragico. “Rommy come stai?”. Lui strabuzza gli occhi e parte con la richiesta di cui all’inizio. Non deludermi… spero di averlo accontentato. Ciao Rommy sono sicuro che finirai all’Infermo come dicevi tu, ma almeno proponi a Dio un’ultima partita a scopa. Sono sicuro vincerai tu
marco pirola