Curva Davide Pieri: il pomeriggio da ultras finisce all’ospedale San Gerardo
Monza domenica blindata, il tifo ai tempi del Coronavirus. Monza, città blindata. Un manipolo di ultras di provata fede biancorossi per le strade. L’ospedale San Gerardo. L’incipit è quello di una “normale” giornata di calcio come a volte anche da queste parti è accaduto. Un quadro a tinte fosche come solo certi pittori fiamminghi hanno saputo rendere. Un dipinto cupo fatto di scontri, insulti e qualche birra di troppo. Parrebbe. Vi sbagliate. Non fermatevi alla banalità come molti stanno facendo in questi giorni. Leggete il seguito dell’articolo. Guardate il quadro successivo. Scorrete il comunicato, Vi apparirà il Caravaggio che sta sotto. Pieno di luce e inaspettato. E il cupo “parrebbe” di prima diventerà un sorriso. L’iniziativa non ha la valenza dello stereotipo: brutti, sporchi e cattivi. Il pomeriggio in curva finisce sì all’ospedale San Gerardo di Monza, ma per un’iniziativa lodevole.
Monza domenica blindata, il tifo e i ragazzi della Pieri
Fausto Marchetti se gli parli, sin dalle prime parole riesce a stupirti per l’intelligenza rara alla sua giovane età. Se leggi quello che scrivono di lui gli avversari, forse conviene cambiare strada quando lo incontri. E così vale per la maggioranza degli ultras biancorossi. Quelli della Pieri. Quelli che per decenni hanno seguito la squadra di calcio in lungo e largo nelle trasferte in tutta Italia. Fossero stati solamente in sette (come i magnifici) andavano comunque. Sacrifici, sfottò, presenza militante negli stadi. Dalla Pergolettese agli spalti carichi di gloria anche se un po’ decaduti. Loro c’erano sempre. Anche prima che Silvio Berlusconi si innamorasse della squadra vicina di casa. Arcore è ad uno sputo, la presenza ingombrante. Ma senza i soldi nel calcio non si va da nessuna parte. Pazienza. La Curva Davide Pieri se ne è fatta una ragione e non soffre minimamente i tifosi dell’ultimo momento. Quelli che vanno in tribuna coperta ora o coloro che si definiscono irriducibili. I tifosi da salotto insomma. Loro sul divano non ci si siedono. Lo hanno costruito. Ed ecco allora l’iniziativa.
Monza un pomeriggio di un giorno da cani
Lo stadio è interdetto? Fa nulla. Loro scelgono di esprimere la solidarietà dei monzesi ai medici ed infermieri in prima linea. Quel San Gerardo patrono della città che da un decennio è diventato sinonimo di eccellenza sanitaria. Lo striscione è di quelli semplici. Autarchico direi. È apparso sulla cancellata del nosocomio monzese ieri pomeriggio. In un momento non qualunque, ma di difficoltà. Una scritta semplice come lo sono loro. Iniziativa splendida e solidale che ha ricevuto il plauso dalla stessa direzione dell’ospedale chiamata dalla solita manina anonima per “denunciare” i cattivoni che avevano osato tanto. Osato che cosa? Dire grazie a chi sta in prima fila e non sugli impianti da sci? A chi rischia ogni ora e non dietro ad un carrello del supermercato? A chi non è scappato con il primo treno per il Sud. Poi il resto dell’articolo sarebbe solo noia come cantava Califano. Mi limiterò a linkarlo così come me lo ha spedito un amico in questo pigro pomeriggio di arresti domiciliari. Dimentica grazie a Fausto e a tutti ragazzi. Avrei voluto essere lì con voi a srotolare lo striscione…
Marco Pirola
P.S.
Il primo link riguarda uno degli ormai introvabili articoli del “senatore” Andrea Arbizzoni. Rimpianto inventore del giornalismo “assembleare” di curva. “Ue ragazzi che voto diamo a questo…?” E giù il coro degli altri… Insomma quando faceva il giornalista e non il politico a tempo pieno…