Monza chi si rivede… Paolo Romani. Per i magistrati è stato colto con le mani nella marmellata. Questa volta è dato sapere anche tipo di marmellata. Stimolante e a portata di mano. Di prugne potrebbe rivelarsi per lui. In questo caso sono i soldi di Forza Italia che avrebbe girato illecitamente ad un imprenditore per poi farseli restituire. Il già ministro, il fu assessore all’Urbanistica briantea, il senatore che per un decennio a Monza e dintorni ha fatto il bello e cattivo tempo e ora senatore di Italia al Centro, è indagato per peculato dal Tribunale di Monza. Il politico è accusato di essersi appropriato di 358.848 mila euro. Lo fa sapere la Procura di Monza con una nota del “capo supremo” Claudio Gittardi. Nello scritto si comunica che il parlamentare si è avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio dello scorso 8 luglio. Romani era già indagato a Bergamo per corruzione su una vicenda su una presunta tangente di 12mila euro. E sempre lui il condannato per avere utilizzato indebitamente un telefonino quando era assessore a Monza. Telefonava la figlia e pagava il Comune…tanto per capirci.
Monza chi si rivede: il vizietto
Stando al capo di imputazione, all’epoca in cui era a capo del gruppo parlamentare del Popolo della Libertà, il senatore si sarebbe appropriato di “83 mila euro”. Che si trovavano sul conto corrente acceso dal partito “Gruppo Parlamentare Forza Italia” presso la filiale Bnl di Palazzo Madama. E di cui aveva la delega. Il parlamentare avrebbe prelevato la somma “tramite l’emissione di quattro assegni” per poi versarla sul suo conto corrente presso la filiale UniCredit di Cinisello Balsamo, tra l’aprile 2015 e l’aprile 2017.
Gli assegni e l’imprenditore amico Domenico Pedico
Nell’inchiesta risulta indagato anche l’imprenditore Domenico Pedico. Stando a un altro capo di imputazione, i due (Romani in quanto senatore della Repubblica e Pedico come “legale rappresentante di Cartongraf D&K”), agendo “in concorso tra loro in esecuzione di un medesimo disegno criminoso” si sarebbero inoltre appropriati di 180.500 euro, tra il 27 ottobre 2016 e il 28 febbraio 2018. Li avrebbero prelevati sempre dal conto del “Gruppo Parlamentare Forza Italia”. Tramite l’emissione di assegni per “15mila euro a favore di Pedico” e per “165.500 euro a favore della Cartongraf D&K”. Tali assegni sarebbero poi stati incassati da Pedico “su conti correnti a sé riferibili”. Con “successiva e quasi integrale ed immediata restituzione dei relativi importi a Romani”. Mediante “emissioni di altrettanti assegni tratti da Pedico sui propri conti correnti e aventi come beneficiario Romani”. Quest’ultimo li avrebbe quindi versati poi sul suo conto corrente, sempre presso la stessa filiale a Cinisello Balsamo.
Come è partita l’indagine per peculato
Infine, stando all’ultimo capo di imputazione, Romani si sarebbe appropriato di 95.348 mila euro “corrispondendoli a molteplici soggetti per finalità estranee a quelle indicate nel Regolamento del Senato mediante assegni emessi in relazione ad interessi personali”. In questo caso i fatti sono riferiti a un periodo che va dall’aprile 2015 al febbraio 2018. La vicenda trae origine da segnalazioni sospette che sono confluite in un’attività di indagine condotta dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Milano.
La difesa del Paolino
Gli avvocati di Romani, Giammarco Brenelli e Daniele Benedini, affidano la difesa a una nota: “La questione circa la illegalità dell’utilizzo delle somme è non poco opinabile. Nell’attività di gestione di tali fondi vi erano buoni motivi, con fondamento nel diritto civile e nel diritto parlamentare e in precise sentenze della magistratura su episodi precedenti che giustificavano un utilizzo discrezionale dei fondi nell’ambito del vuoto legislativo che ha preceduto la regolamentazione dei fondi dei gruppi da parte del Senato stesso. Secondo tali consuetudini, consolidate nella prassi e nella giurisprudenza penale e civile, esattamente sul tema, detti fondi non erano assoggettati a qualsivoglia rendicontazione, che non era prevista né per legge e né per regolamento. Il senatore ritiene che se ha sbagliato a interpretare la legge, i regolamenti, le prassi, la consuetudine restituirà immediatamente tutti i fondi in discussione, poiché egli versava nella più totale buonafede”.
marco pirola