IL CASO – Nasce con gravi malformazioni psico – fisiche perché il ginecologo, nonostante un valore sospetto nell’esame del sangue eseguito durante le prime settimane di gestazione, non ha sottoposto la madre ad ulteriori accertamenti. Così, alla donna è stato precluso il diritto di decidere se interrompere la gravidanza o meno.
LE CONSEGUENZE – A seguito di ciò, il Tribunale Civile di Monza ha condannato il medico a pagare ai genitori del bambino, che ora ha 13 anni, un risarcimento danni di 300 mila euro complessivi. È stato però negato alla madre un ulteriore risarcimento per il danno conseguente alla nascita indesiderata, mancando la prova che la donna abbia espresso la sua precisa volontà di abortire nel caso fosse stata a conoscenza delle eventuali malformazioni del feto. Un danno ritenuto non patrimoniale, ma soprattutto morale e come scrive il giudice “direttamente correlato alla tardiva scoperta della patologia del neonato e idoneo a compromettere la serenità della funzione genitoriale” e “il diritto di pianificazione della vita personale dei genitori”. Secondo il magistrato “deve infatti considerarsi come, a parità di condizioni di vita, ben diverse possano essere la disposizione d’animo e la capacità di affrontare determinate situazioni, a seconda che le stesse siano frutto di scelte consapevoli o di processi causali divenuti incontrollabili per effetto dell’inadempimento colpevole del medico”.