Monza addio al cacciatore di sorrisi

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Monza addio a Giorgio Fustinoni, il cacciatore di sorrisi. Un professore di ginnastica vecchio stampo. Se ne è andato così. In punta di piedi come aveva sempre vissuto. All’ombra del canestro da basket e pure della politica di Monza dove è stato per qualche anno tra i protagonisti. Travolto dal virus a 74 anni. Questa mattina (7 aprile ndr) il funerale in Duomo di un uomo buono, felice e con il sorriso sempre sulle labbra. Sorriso che cercava di regalare sempre qualunque fosse stato il suo interlocutore. Fossero i bambini del minibasket, gli atleti della Forti e Liberi che allenava o i suoi allievi di educazione fisica del pregiatissimo liceo Scientifico Paolo Frisi.

Monza addio a Giorgio Fustinoni in Duomo

Tanta gente. Tantissima. E non solo in questi tempi da lupi e con tali chiari di luna. Le spoglie mortali di Giorgio, l’amico Giorgio, hanno attraversato le navate della basilica secolare che vide le gesta di Teodolinda e di Napoleone, accompagnate da un pallone di basket. Il suo pallone tenuto in braccio dal figlio. C’erano gli ultimi sei sindaci di Monza. evento raro tutti quanti assieme. Commossi. Vedere Rosella Panzeri ad un funerale è cosa abituale e fa parte della coreografia funebre di un certo livello come direbbe il medico Zangrillo. Vederla stretta nella sua “giacchetta” a vento da 15enne improponibile, con l’occhietto lucido, un po’ meno. Roberto Colombo che lo ebbe come “rivale” in Consiglio. Michele Faglia, l’ex primo cittadino radical chic per una volta tanto senza bicicletta. Scorgere dietro la mascherina Marco Mariani che piange può sembrare un’eresia. Ma lo ha fatto. Ricordando l’uomo con il sorriso sulle labbra. Roberto Scanagatti meno impenetrabile del solito. Dario Allevi con la fascia tricolore come sindaco titolare. Ma era lì non solo in veste istituzionale, ma per onorare l’amico in bicicletta che lo fermava ogni volta senza lamentarsi mai per qualche cosa, ma solo per scambiare due chiacchiere.

Monza addio all’amico Giorgio

Ci sono tanti ricordi che in questi giorni sono viaggiati nella mente di chi lo conosceva. Dalla scritta sul muro della scuola alle partitelle di basket dove il coach (lui) sceglieva di tenere in squadra con sé i più scarsi per spronarli. Obbediente al motto lo sport è divertimento e tutti debbono potersi esprimere. Non solo i migliori. Uno mi ha colpito. era il 1974 o forse l’anno dopo. Poco importa.

Giorgio e la Forti e Liberi

La Forti e Liberi di Monza di basket è una grande squadra. Potente atleticamente, piena di campioni e campioncini, ma naviga in cattive acque economiche. La sua rivale, la Gerardiana invece si allena sul campetto dell’oratorio. Piccola. Non è molto quotata, qualche talento o poco più. Ce ne è uno in particolare. Un pivot che faceva vincere tutte le partite. Fustinoni che allenava la Forti e Liberi ed andava a vedere sempre di persona le squadre locali lo vede e se ne innamora subito. Ma l’allenatore non lo vuole mollare. Giorgio non si scompone. Non vuole fare uno sgarbo baypassando il collega avversario e contattare direttamente l’interessato. Non ha però denaro a disposizione anche se quell’anno la sua squadra aveva vinto tutto. Fa un’offerta che non può rifiutare.

Monza addio, la partita di basket

La Gerardiana è sostenuta dal parroco che ha il braccino cortissimo. Manca tutto. Gioca con un pallone “bitorzoluto” usurato dalle partite e dagli allenamenti. Un giorno Fustinoni arriva al campetto con quattro palloni ancora incartati e due mute di maglie e calzoncini nuovi di zecca. Per tutti quanti. Borse, scarpe e pure un paio di reti nuove per i canestri. E pure la promessa di una partita amichevole tra le due formazioni con pubblico pagante e incasso al prete. Per la Gerardiana era un po’ come se l’Inter del Triplete fosse venuto a giocare con la Dominante. Davanti a tanto ben di Dio Mariani cede e il ragazzo è ben contento di trasferirsi. Ecco Giorgio era così anche nella vita. Trovava la soluzione senza pestare i piedi. Gran mediatore che riusciva a far sorridere tutti.

E poi c’era lui…

Gigi Tognetti, al secolo solo “Gigione”. Non solo suo amico, ma la sua spalla in politica. I due si muovevano all’unisono. Un po’ come Gianni e Pinotto. Perchè la politica è come una partita di basket tutti, anche i perdenti, debbono avere la possibilità di giocare, divertirsi e sorridere. E Gigione da questo punto di vista non lo ha mai deluso. Lui ne combinava di tutti i colori e Giorgio metteva una pezza. Alla fine portava a casa il risultato con il sorriso sulle labbra.

Il Centro commerciale

La vicenda del centro commerciale di via Lario passa anche da loro. Nella drammatica notte della votazione (la delibera passo con un solo voto di scarto e se i voti sarebbero stati pari sarebbe andata sotto ndr) Gianni e Pinotto furono protagonisti assoluti. Dentro e fuori l’aula. Tra ricoveri in ospedale all’ultimo momento (ma questa è una storia a parte…), consiglieri ubriachi fradici che non si esprimevano sino all’ultimo. Altri rappresentanti del popolo che giravano con il badante pure per andare a pisciare temendo, il partito, fuggissero per non votare. Onorevoli che sbraitavano parolacce nel corridoio. Ritorni improvvisi dopo mesi e mesi di assenza (Beppe Urso) a cui pagarono pure l’aereo per fare la sua apparizione stile Madonna di Lourdes.

Il ruolo di Fustinoni

Ecco in mezzo alla bolgia c’era lui con il suo sorriso a tenere calmi gli animi da una parte e dall’altra. E la situazione stava veramente degenerando con bottigliette d’acqua lanciate e invettive da osteria. Una sorta di Kobe Bryant insomma. Ecco siamo verso la fine dell’articolo e della storia. Vorrei scrivere tante altre cose, ma non vorrei annoiare nessuno. Lo ricorderò sempre con il sorriso sulle labbra in sella alla sua bicicletta che cerca di investirmi per scherzo sotto i portici del Comune. Come l’ultima volta che l’ho incontrato qualche mese fa… Ciao Giorgio ora insegnerai basket agli angeli. Sono forti sulle ali, ma in panchina non avevano nessuno. Almeno fino al tuo arrivo….

Marco Pirola

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