
La monaca di Monza assolta dopo 400 anni. Quattro secoli per un verdetto, ma alla fine anche Licia Ronzulli è potuta andare a casa soddisfatta con verdetto di assoluzione per incapacità di intendere e di volere. La Monaca di Monza ha ottenuto giustizia. E proprio a Monza. Lunedì sera il processo organizzato dall’Associazione Prospecuts, con la collaborazione di Vito Potenza dell’Associazione nazionale carabinieri sezione di Monza, sul palco del teatro Manzoni, si è infatti concluso con una sentenza di assoluzione per incapacità di intendere e volere.

I PROTAGONISTI – Metà fra ricostruzione storica e spettacolo con sette protagonisti d’eccezione. Un processo improvvisato senza essere stato preparato prima. Stefano Dambruoso, magistrato, questore anziano della Camera dei Deputati, titolare dell’inchiesta sul sequestro di Abu Omar, vestiva i panni di presidente della Corte. Ma il mattatore della serata è stato l’ex sostituto procuratore di Monza e oggi ispettore al ministero di Giustizia, Antonio Tanga. Sue le battute piùpungenti. Sostenitore della pubblica accusa, l’avvocato matrimonialista più famoso d’Italia, Annamaria Bernardini De Pace, come difesa. L’ingrato ruolo della monaca Marianna de Leyva è stato ricoperto dall’ex parlamentare europeo di Forza Italia, Licia Ronzulli.
IL PROCESSO – Il capo d’imputazione letto da Antonio Tanga nella requisitoria iniziale: avere tramato assieme al suo amante, Gian Paolo Osio, l’eliminazione di tre suore testimoni della loro relazione proibita. Testimoni dei fatti: Lucia Mondella, interpretata dalla giornalista Francesca Leto, Renzo, interpretato dal comico Gabrielle Cirilli, e don Abbondio, parte affidata a Cesare Cadeo. La ricostruzione delle condizioni di vita di Marianna attraverso gli atti giudiziari del tempo e il racconto fatto dal Manzoni nei Promessi Sposi e due perizie (una psicologica e l’altra grafologica) presentate a sorpresa dall’avvocato difensore, hanno fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte dell’incapacità di intendere e di volere. Dagli atti è emersa una Marianna soggiogata prima dal padre, che forse abusò di lei, e poi da un amante diabolico.

IL VERDETTO – Lunedì sera, dopo 407 anni, la Corte d’Appello di Monza ha ribaltato la sentenza: innocente per incapacità di intendere e volere. Un’assoluzione invocata dalla stessa pubblica accusa e confermata, oltre che dal presidente della Corte, anche dalla giuria popolare interpretata per l’occasione dal pubblico. Oltre 700 spettatori sono stati chiamati a esprimere un giudizio depositando palline arancioni (innocente) e rosse (colpevole) in un tubo trasparente. L’intero ricavato della serata è stato devoluto in beneficienza a favore della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma.