Il latte provoca l’insorgere di tumori a causa degli ormoni contenuti
Latte e tumori. Una riflessione introduttiva sul consumo.
SIAMO UOMINI O VITELLI? – Avete mai considerato il fatto che il latte potrebbe non essere un alimento sano e idoneo per voi? Pensateci bene. La vera funzione che in natura assolve il latte è quella di nutrire un cucciolo. All’interno di quello vaccino, per esempio, troviamo proteine che contengono ormoni della crescita destinati ai vitelli (non agli esseri umani), che non vengono influenzati né da bollitura, né da pastorizzazione o cottura.
LATTE E TUMORE – Il nutrizionista T.Colin Campbell ha definito la caseina come il più significativo agente cancerogeno mai identificato, ed essa è una proteina presente principalmente nel latte di mucca. Nessuna specie in natura continua ad alimentarsi assiduamente e costantemente con il latte in età adulta, solo l’uomo lo ruba ad altri mammiferi per tutta la vita. Eppure, una delle pochissime intolleranze alimentari riscontrate dalla comunità scientifica è proprio quella al lattosio. È un alimento destinato ai cuccioli (di un’altra specie) mentre per noi esiste il latte umano, prodotto dalle nostre madri! E smettiamo di assumerlo naturalmente dopo lo svezzamento. Il dottor Benjamin Spock (padre della moderna pediatria) ha dichiarato: «Fino a due anni i bambini dovrebbero essere alimentati con latte materno. Dopo i due anni, dimenticate ogni tipo di latte!». Il suo libro “Baby and child care” ha venduto ben 40 milioni di copie in tutto il mondo.
LA VIOLENZA CELATA DIETRO AL LATTE – Ancora oggi regna grande disinformazione in merito a come si ottiene il latte, per esempio qualcuno pensa che certe mucche ne producano a prescindere da una gravidanza per tutta la vita. Non esiste latte senza cucciolo. Ma se il latte si ruba, il vitello non potrà averne.
LA “NON VITA” DELLE MUCCHE – Le mucche, madri e femmine non umane, vivono una breve vita da schiave che le porta a essere inseminate artificialmente e a trascorrere in stato di gravidanza nove mesi all’anno, sempre, fino a quando ormai stremate e consumate non verranno macellate. In natura la loro vita durerebbe tra i 20 ed i 40 anni, ma nei caseifici vengono uccise già dopo 4 o 5 e nei mattatoi arrivano spesso incapaci perfino di reggersi in piedi. Questo fenomeno viene definito “mucca a terra”. Poco dopo essere nato (uno o due giorni) il vitello viene separato da sua madre e questo genera in entrambi un trauma violentissimo. Si dice che le grida delle mucche a cui strappano un figlio siano ancora più strazianti di quelle nei mattatoi. Alcune di loro perdono la voce. Il piccolo, allontanato e solo, viene rinchiuso in un box minuscolo, alimentato con latte in polvere costituito solo in minima parte da siero di latte (quello che avanza dalle produzioni casearie) e integrato da grassi e proteine di vario tipo, cereali e materie di scarto. Se il cucciolo è maschio verrà macellato, tenero e anemico come piace ai consumatori. Se è femmina invece, e verrà ritenuta idonea, seguirà le orme della madre e, come lei, dopo 5/6 anni di sfruttamento verrà a sua volta macellata. Private del figlio a cui spetterebbe il latte, le madri vengono munte meccanicamente e per aumentarne la produzione fino a 10 volte quello che basterebbe in natura al vitello.Vengono alimentate con proteine molto concentrate e costrette (da erbivore quali sarebbero) a una dieta carnivora composta da insilato, mangime e integratori uniti a scarti. Questo porta facilmente allo sviluppo di patologie anche molto gravi (come l’acidosi o quella che venne definita sindrome della “mucca pazza”). Inoltre le loro mammelle, tese, dolenti e troppo grosse sono soggette a infiammazioni dolorosissime, come per esempio la mastite, di cui soffre un terzo delle mucche negli allevamenti. In queste condizioni miserabili, gli animali non possono essere sani. Ma per far sì che comunque sopravvivano vengono loro somministrati farmaci e antibiotici in quantità. Dentro ritroviamo tutto l’orrore a cui sottoponiamo l’animale. Tra cui anche sangue, pus, feci, batteri, virus. Il pus passa nel latte assieme alle altre sostanze ed è stata stabilita una normativa comunitaria che definisce quanto pus può essere ammesso nel latte senza, secondo chi l’ha stilata, avere danni alla salute. Sempre secondo la direttiva, in un millilitro possono esserci fino a 400.000 “cellule somatiche” – il nome scientifico per indicare quello – che comunemente è chiamato “pus” – e un tenore di germi fino a 100.000. In un litro quindi ci possono essere 400 milioni di cellule di pus e 100 milioni di germi.
Gioia Greta Barbaglia