Perché legalizzare il matrimonio omosessuale è una scelta di libertà e serenità per ciascuno di noi: laico o cristiano che sia.
di Gigi Paganelli
Leggiamo con calma ed attenzione questo brano assoluto di civiltà:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”
E’ l’articolo tre della nostra, forse non più così birluccicante costituzione della Repubblica Italiana.
Ed è bello: bello perché ci parla di ciascuno di noi e ci dice quanto siamo originali ed importanti.
Sottende un’idea che dopo settant’anni ancora fatica a permeare l’istinto di tanti italiani: esaltare la libertà di ciascuno fino al pieno sviluppo di ogni persona, significa rendere prospera la nostra società.
Potremmo forse, ognuno di noi per sé e per scelta, sfidare quotidianamente la nostra coscienza: chiederci quante volte il nostro pregiudizio, la nostra ignoranza e la nostra paura, ci inducono ad affermare che certe persone non devono poter fare certe cose o rivestire certi diritti quando, in realtà, se quelle persone potessero fare quelle cose ed esercitare quei diritti, a nessuno ne deriverebbe danno.
Per mezzo di questa sfida, anche chi si sente tanto “perbene” scoprirebbe forse di non essere poi così tanto immune dal vizio dell’intolleranza.
I cattolicissimi Irlandesi c’è lo hanno spiegato ieri.
Se due persone dello stesso sesso si amano, perché negar loro la gioia di formare una famiglia giuridicamente compiuta, con tutti i diritti e i doveri che legano i coniugi tra loro?
In che cosa quelle due persone sono diverse da te, da me o da chiunque?
Perché non dovrebbero godere, in linea col principio di libertà ed eguaglianza così ben consacrato dall’articolo 3, della facoltà di sposarsi e creare una famiglia, come la definisce (senza distinzione di sesso), l’articolo 29 della stessa Costituzione?
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio é ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi…”
In coerenza con l’articolo 3 della Costituzione, dovremmo piuttosto giungere a dichiarare illegittima ogni legge che imponga quella inutile diseguaglianza.
Inventarsi le cosiddette unioni civili in luogo di legalizzare il matrimonio tra omosessuali, diviene allora l’ennesima prova di una diffusa ipocrisia: quell’ipocrisia che é figlia dell’invidia e sorella della paura: la paura del diverso e dell’ignoto: quel diverso che potrebbe essere migliore di noi, facendoci così sentire imperfetti e deboli… e chi mai può volere sentirsi imperfetto e debole, e quindi in pericolo?
Se è sembrato che questo breve commento abbia il fine di invocare (solo) la legalizzazione del matrimonio “gay”, vorrei sgombrare l’orizzonte da ogni foschia: ha il fine di evocare il coraggio e l’istinto di agire le libertà che rendano migliore ciascuno di noi, “a costo zero” per la società intera, nel solco dell’insegnamenti di colui che disse: “tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro…” (Matteo, 7, 12).
Gigi Paganelli