La lettera: tornata a Milano per Expo tendo una mano ai black block:
Riceviamo e pubblichiamo una lettera arrivata in redazione. Sotto la risposta del direttore.
Per questa Esposizione Mondiale in pochi, i soliti, si sono rubatii un sacco di soldi. Ok, come sempre. Tante persone e imprese che hanno fatto i lavori non sono ancora state pagate. Ok, come sempre. Molti politici sono stati accusati di corruzione. Ok, come sempre. Le opere fatte invece che integrarsi con la città, saranno perlopiù inutili. Ok, non fa niente. Io sono comunque felice per questa possibilità che è stata “regalata” a Milano, arriva gente da tutto il mondo e quella che da sempre è stata definita la “capitale morale” dell’italia si riattiva, respira, brulica e nascono sinergie, iniziative, aria fresca di apertura contro il provincialismo nostrano. Io stessa sono tornata dall’estero nella mia città per lavorare attratta da questo melebenedetto expo. Ci sono occasioni da prendere al volo. Quello che è successo ieri era prevedibile o auspicabile, a ognuno l’ardua sentenza. Le parole di un mongoloide che dimostra la sua intelligenza e appartenenza al gruppo accettando di parlare davanti a una telecamera, quando tutti gli altri si coprono e mimetizzano, dice da sé quanto possa avere voce in capitolo. Capitelo! Una cosa ha detto giusta, la banca è l’emblema. Forse è sbagliato incendiare una macchina perché il povero cristo la deve ripagare, ma quello che hanno fatto queste persone è gridare ad alta voce e a modo loro l’insostenibilità di un sistema che sta privando inconsapevolmente le persone della dignità, della vita e della base del sistema capitalistico stesso, che quello in cui viviamo, per chi non lo sapesse, cioè il lavoro. Quanti si suicidano perché non riescono a pagare il mutuo o perché fallisce l’azienda? Quanti vivono a stenti? Lo stress, le corse, le bollette, i problemi, lo stage non retribuito, tempo per i figli inesistente, famiglie distrutte, interessi che salgono, il debito da pagare, ma l’hai fatto tu? In America ci sono le tendopoli per chi ha perso la casa, qui stiamo ancora a galla, ma la cinghia è sempre più stretta, prova a dire di no. Io non dico che sono o dobbiamo essere d’accordo con loro e il loro odio, dico solo che il loro modo di esprimere la rabbia deve servire a far riflettere se anche Voi, in fondo, non provate un po’ di rabbia contro quella piccola cerchia di ricchi stile feudalesimo che vivono nell’eccellenza mentre qui si fa fatica ad arrivare a fine mese. La vera domanda è, vi va davvero bene dire ok, come sempre?
Elisa Fumagalli
LA RISPOSTA DEL DIRETTORE
Cara Elisa, conosco la tua inquietudine da anni e pure la tua onestà intellettuale per cui ti darò spazio su questo giornale (come sempre del resto). Nel tuo scritto poni delle domande giuste, ma con risposte sbagliate o almeno ambigue. Io non appartengo (e tu conoscendomi lo sai benissimo) alla categoria dei “ricchi signori” che possono permettersi di avere figli che vanno a spaccare vetrine e incendiare auto. Grazie a Dio non c’è nemmeno stato bisogno di insegnare ai miei che non si fa. Lo hanno capito da soli. Come a suo tempo feci io. Corruzione, mafia, ingiustizie? Ciascuna di queste situazioni ha una categoria di legge preposta, in ultima istanza, se vuoi, c’è pure quella divina se uno crede. La mazza ferrata è una finta scorciatoia verso il Paradiso terreno. Le molotov sono solo un palliativo per le coscienze inquiete che per dimostrare il loro fallimento devono gridare più forte degli altri sulla pelle degli altri. C’era negli scorsi giorni un bellissimo post di due ragazzi gay che avevano deciso di mettersi assieme e dare vita ad un’attività lavorativa. Per questioni di soldi non avevano fatto l’assicurazione contro i danni da manifestazioni. Lavoravano dalle 6 del mattino alle 22 di sera. Ora il loro sogno è stato infranto. Da chi? Da un centinaio di coglioni che hanno messo a ferro e fuoco Milano e per che cosa? Per dire di esistere. Forse. Non sono nemmeno riusciti nel loro intento perché i milanesi, quelli rappresentati dalla signora pensionata alla finestra che grida contro i manifestanti, hanno “vomitato” quella teppaglia di delinquenti nemmeno capace di assumersi le proprie responsabilità davanti ai rimbrotti dei genitori. Come dimostra il figlio di papà che chiede scusa il giorno dopo. La sua condanna non saranno le sberle di mamma e papà, ma la presa per il culo dei suoi stessi compari. Così come la condanna di tutti i violenti dell’altro giorno sta già scritta nelle parole della pensionata: vergognatevi.
Marco Pirola