Intanto sia chiaro che la nuova normativa vale solo per i nuovi assunti.
Vale poi in qualsiasi azienda, indipendentemente da quanti siano i dipendenti. In pratica vuol dire che d’ora in poi per nuovi assunti il “vecchio” art. 18 (col diritto di reintegra, anche se affievolito dalla ultima versione “Fornero”) potrá essere invocato solo in caso di licenziamento nullo (perchè irrogato per causa o motivi illeciti) o discriminatorio (per sesso, razza, opinioni politiche, eccetra).
In tutti gli altri casi si applicherà una norma che assegnerà al lavoratore, se prova di essere stato licenziato illegittimamente, un’indennità economica crescente in proporzione all’anzianità del rapporto di lavoro: tanto più risalente è il rapporto, tanto più alto il risarcimento. Ma non si potrà più chiedere di tornare a lavorare nel vecchio posto.
In estrema sintesi, ragionando la nuova norma dal punto di vista dei lavoratori, direi che:
– la tutela minima pari a due mensilità sembra davvero troppo bassa e non sembra accettabile nemmeno che l’unico paramento per calcolare l’indennità sia l’anzianità, senza riguardo per la gravità del comportamento del datore di lavoro o le dimensioni della sua azienda;
– la sopravvivenza del diritto alla reintegra per chi fosse stato licenziato in modo discriminatorio o nullo può sembrare utile per tutelare davvero i casi in cui il licenziamento sia stato determinato da motivi davvero inaccettabili da parte del datore di lavoro.
Ragionandola dal punto di vista delle imprese:
– il fatto che queste dinamiche di tutela non siano state estese a tutti i lavori e non solo ai nuovi assunti, rende davvero marginale nel breve periodo l’impatto che questo provvedimento doveva avere nel restituire alle aziende più libertà nella organizzazione del lavoro;
– il mantenimento del diritto del lavoratore di vedersi reintegrato nel posto di lavoro (ora in qualsiasi azienda) in caso di licenziamento nullo, rischia di far rientrare dalla finestra le dinamiche processuali che hanno fino ad oggi spaventato tanti imprenditori all’idea di nuove assunzioni.
Ragionandola dal punto di vista di chi guarda al “sistema Italia“, dall’estero o dall’interno, e vorrebbe vederlo tornare più efficiente e competitivo, bisogna capirsi sullo scopo. Si dice che occorre restituire le sorti delle imprese all’abilità degli imprenditori e a quei lavoratori che hanno voglia di darsi da fare e che continuino a formarsi con amore per la loro stessa opera.
Una maggiore libertà di movimento nell’organizzazione del lavoro sembra utile a mettere fuori dal mondo del lavoro chi non sa o non vuole lavorare bene. Questa nuova normativa sembra un primo passo in quella direzione: i lavoratori dotati di normale diligenza e buona volontà non possono averne paura.
Magari invece é ora che ad aver paura siano coloro che, alla faccia di tanti giovani che avrebbero voglia di darsi da fare e non trovano dove farlo, continuano ad occupare posti di lavoro stragarantiti magari affossando le imprese che se li devono tenere.
di Luigi Paganelli