Muggiò, Giancarlo Barbieri l’uomo buono dal sorriso triste che amava la velocità
Incidente sul lavoro morto Giancarlo Barbieri, 61 anni, la quarta vittima della tragedia alla Lamina a Milano. Non c’è stato nulla da fare. Ha raggiunto il fratello Arrigo, spirato attorno alle 17 di martedì giorno dell’incidente sul lavoro. E’ il quarto dei lavoratori morti nell’incidente alla Lamina. Prima di lui si erano spenti la stessa sera dell’incidente, nonostante i disperati tentativi di soccorso, il fratello Arrigo, di 57 anni e l’altro operaio Giuseppe Setzu, di 48 anni. Morti nel tentativo di salvare i colleghi e l’elettricista di una ditta esterna Marco Santamaria di 43 anni. E sin qui il tributo ai motori di ricerca assetati di algoritmi che fanno scivolare le notizie sul piattume inerte di emozioni del web. Giancarlo però non si merita questo. Anzi. Vuoi per il gesto di generosità estrema che ha compiuto, cosa rara di questi tempi e con tali chiari di luna. Vuoi perché lo conoscevo.
Incidente sul lavoro morto per uno slancio di generosità
Alle 13.30 di oggi (giovedì 18 gennaio ndr) i medici hanno dovuto dichiarare la morte cerebrale di Giancarlo. Per più di 40 ore aveva lottato disperatamente per la vita. Una speranza flebile, sottile come il filo di fluorocarbon dei pescatori (chi mastica di pesca sa che vuol dire…). Attaccato a una macchina in condizioni disperate, nel reparto di terapia intensiva cardiochirurgica dell’ospedale San Raffaele di Milano. La stessa macchina che ho visto tante volte in azione in 27 e passa anni di mestieraccio. Dovrei esserci abituato. Non è così. Perché quando conosci una persona è sempre la prima volta.
Incidente sul lavoro morto un uomo buono
Da più di 40 anni in azienda. Persona di fiducia dei titolari, come si diceva una volta. Come ho sentito molte volte da mio padre. Con orgoglio. Uno che ormai in pensione (ci sarebbe andato a luglio) era rimasto in ditta a collaborare per formare un giovane collega. Ditta. Ecco un’altra parola chiave che solo i brianzoli usano ancora e che sintetizza tanto se non tutto l’attaccamento calvinista al lavoro tipico di queste parti. Giancarlo sorrideva poco. La vita non era stata generosa con lui. Crudele è la parola giusta. Troppo crudele. Si era risollevato in parte da un’altra immane tragedia proprio grazie al lavoro. E al ballo. Perché Giancarlo amava ballare con la moglie Angela così tanto da diventare un “dancer” provetto. Ballo e velocità. Amava guidare e la velocità, unici suoi vezzi. Muggiò, anzi Taccona di Muggiò dove abitava in una casa ai confini del parco del Grugntorto, a Vieste dove trascorreva le vacanze tutti gli anni. La sua distanza preferita. Un missile. Tutti, tra il parentado e amici, conoscevano questa sua debolezza e ci scherzavano sopra. Pure io che proprio per la velocità, sotto qualunque forma, sono negato. Questo articolo può finire qui e così come era iniziato. Ricordando il sorriso triste di un uomo buono…
Marco Pirola