Un monzese ad Atene nel giorno del referendum
Punto più o punto percentuale in meno pare ormai evidente che il “no” alla proposta dei creditori internazionali sulla crisi del debito greco giudicata eccessivamente onerosa ha ottenuto una significativa maggioranza rispetto al “sì” che non significava accettazione, ma era una sottolineatura della necessità di trovare al più presto un accordo. Ora è il momento del ricompattamento delle fila per dare un senso a quello che la stragrande maggioranza dei greci ha chiaramente sostenuto, cioè permanenza della Grecia nell’eurozona e in Europa.Il primo ministro Alexis Tsipras sostenuto da Syriza (partito della sinistra radicale), Anel (centrodestra) che ha avuto come sgraditi compagni di viaggio nella consultazione elettorale i neofascisti di Alba Dorata e i comunisti del KKE ha dichiarato di essere pronto a trovare un nuovo accordo entro 48 ore. E lì lo aspettano i sostenitori del “sì” sostenuti da forze un po’ meno eterogenee, cioè Nea Dimokratia (centrodestra), Pasok (partito socialista), Potami e Partito Socialdemocratico di Giorgio Papandreou. Se Tsipras non porterà a casa risultati concreti entro le 48 ore annunciate non tarderanno a fargli pesare anche a livello internazionale i voti di Alba Dorata e del Partito Comunista. A Favore di Tsipras gioca l’atteggiamento favorevole di molti partner europei, degli stessi Usa interessati a una Grecia fuori dall’abbraccio della Russia. Resta l’ostacolo Germania ancorata alla linea dura, pronta ad ammorbidirla solo se Tsipras togliesse il disturbo. Lunedì le banche comunque resteranno chiuse. Ed è questa la preoccupazione principale: per quanto l’economia greca, quella reale, potrà sopportarlo?