L’avvocato Luigi Paganelli spiega perché, stando alla legge italiana, è giusto riconoscere il figlio di una coppia gay
Una coppia serena ed armonica vorrebbe un figlio, ma proprio non può averne.
Decidono di chiedere un bimbo in affido. Gli viene affidata una bambina assai problematica.
E’ in custodia ai servizi sociali. Viene da una famiglia dove veniva picchiata e dove assisteva a violenze di ogni genere.
Con infinito amore loro la accudiscono. Rigenerano in lei l’idea che una famiglia é anzitutto un nido protetto.
Finalmente riescono ad adottarla: le leggi dello Stato dove vivono, che é un Paese civile, favoriscono in tutte le maniere che i bimbi destinati a crescere in famiglie disastrate o a girare da un istituto all’altro, ritrovino invece una famiglia amorevole.
Poi immigrano in Italia e chiedono ovviamente di registrarsi all’anagrafe come famiglia con due genitori adottivi ed una figlia. Viene loro impedito, perché i due genitori sono… entrambi donne.
Perché? Cosa c’é di male se una famiglia omosessuale é più armonica ed amorevole di una eterosessuale?
Cos’ha da guadagnare di bello e di buono la nostra Società dal vietare che queste famiglie si formino e si prosperino?
Quanto abbiamo, invece, da perdere nel momento in cui vi poniamo divieti…
L’art. 10 della Costituzione Italiana al primo comma recita: “L’ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto italiano generalmente riconosciute”.
Da questa norma deriva l’applicabilità automatica in Italia delle regole internazionali che, adottate dagli organismi di cui facciamo parte, non siano contrarie al nostro Ordine Pubblico Interno.
In Italia non vige, che io sappia (e qualche ricerca l’ho fatta) né un divieto di sposarsi tra persone dello stesso sesso né quello per coppie omosessuali di adottare figli: semplicemente sono due situazioni giuridiche che il nostro ordinamento “non contempla”.
Ma c’é una bella differenza tra “vietare” qualcosa e “non prenderlo in considerazione”. Se non prendo qualcosa in considerazione, come ad esempio giocare a pallone in un prato, é perché non mi dà fastidio… finché quell’azione non viene commessa con modalità tali da violare qualche regola di convivenza civile (ad esempio giocare su un’aiuola o disturbando la pubblica quiete).
La regola giuridica generale, in effetti, dovrebbe sempre essere quella di privilegiare la Libertà personale (art. 13 della Costituzione) anche nei rapporti di famiglia (artt. 29 e seguenti della Costituzione), ossia “é consentito ciò che non é espressamente vietato” e non il contrario.
Convengo, allora, col sindaco Ignazio Marino che ha deciso di consentire, prima, la registrazione allo stato civile del Comune di Roma dei matrimoni tra coniugi omosessuali celebrati all’estero e, oggi, anche la registrazione allo Stato Civile dei figli, naturali o adottivi che siano, che queste famiglie abbiano voluto e trovato nel loro cammino di vita.
Exempla trahunt?
Gigi Paganelli