Preoccupato guardavo ieri mattina dall’ingresso del parco di viale Cavriga la massa di lampeggianti di ogni colore che si stagliavano sul fondo di viale Brianza verso Vedano all’incrocio con via Ramazzotti.
Ho preferito non fare il curioso ed entrare al parco per la mia corsetta domenicale.
Un tarlo però mi accompagnava: stavolta é successo qualcosa di brutto.
Non riuscivo a immaginare, però, cosa potesse essere avvenuto di tanto devastante alle 10 di un’uggiosa domenica mattina: la prima di primavera, peraltro.
Tornato a casa, ho subito cercato notizie e la più cupa delle sensazioni si è materializzata.
Confesserò che è stata dura stamattina passare da quell’incrocio e non pensare che lì il giorno prima sarebbe potuta esserci, ad incappare nel destino, mia moglie con uno dei nostri figli, invece del povero Elio con la sua mamma Nunzia.
Ancora tutti attoniti siamo, perché la violenza che hanno subito loro ieri la sentiamo un po’ tutti noi.
Eppure bisogna riflettere sull’accaduto senza lasciarsi andare a reazioni rabbiose ma cercando di capire davvero cosa accade alle nostre tranquille cittadine brianzole.
Pochi mesi fa ho avuto l’onore di moderare a Monza un bel seminario in tema di “alternative concrete alla pena detentiva”, cui parteciparono come relatori anche giuristi dello spessore del dott. Carlo Nordio, del dott. Antonio Tanga e del collega, avv. Raffaele Della Valle.
Su una cosa eravamo tutti d’accordo: per reprimere determinati delitti non occorrono nuove fattispecie di reato, nè occorre aggravare le pene rispetto a quelle esistenti.
Guarda caso, a titolo emblematico si è parlato proprio della proposta di inserire nel codice penale il reato di “omicidio stradale“. E tutti hanno ribadito come il passaggio tecnico di introdurre un simile reato sarebbe perfettamente inutile.
A parte il fatto che non sappiamo, e probabilmente non sapremo mai, se il tizio che era alla guida di quella Audi Q5 grigia fosse sotto l’influenza di alcolici e stupefacenti. Ormai siamo avvezzi ad ogni eccesso ma la domenica mattina alle 10 non é l’ora tipica dei tossici al volante.
Il punto (tecnico) però é che le leggi ci sono. Le aggravanti specifiche sono già previste dal Codice Penale: ad esempio agli articoli 589 comma 3 e 590 comma 3 del Codice Penale per l’omicidio e le lesioni colpose con abuso di alcolici o stupefacenti alla guida.
Uno che guida oltre i limiti di velocità autostradali in una zona residenziale (che in Germania ed in Austria sarebbe da divieto dei 30 km/h) già con le norme odierne passerebbe dall’imputazione di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 Codice Penale, per la quale più o meno si rischia di non finire nemmeno in galera (salvo la citata aggravante dell’abuso di alcool e stupefacenti alla guida) a quella di omicidio volontario per la quale l’art. 575 del Codice Penale prevede la reclusione per non meno di ventun anni.
Non facciamoci irretire, allora, dalle proposte più o meno gridate in questi momenti di rabbia e paura collettive, di introdurre “nuovi” reati gravissimi.
La realtà è che chi li propone cerca solo di cavalcare il facile consenso dell’opinione pubblica agitata ma distoglie l’attenzione di tutti noi dal vero problema: il controllo ed il presidio del territorio.
Siccome tenere in circolazione più pattuglie di polizia locale, polizia di stato e stradale, nonchè carabinieri al bilancio dello Stato e degli enti locali costa davvero caro, allora è più facile contenere le preoccupazioni della gente con la promessa di sanzioni gravissime a quei pochi che venissero “beccati”.
Ma siamo di nuovo alle “gride” di manzoniana memoria: aumentare le pene per non far nulla in concreto. Noi abbiamo bisogno, invece, di vedere le Forze dell’Ordine sul territorio. Abbiamo bisogno di sentirci protetti e non affidati a quattro telecamere, che magari funzioneranno pure bene, ma vengono viste quando ormai il SUV assassino è già magari in Svizzera.
Abbiamo bisogno di sapere che, quando qualcuno ammazza per strada qualcuno di noi, intorno a lui le ganasce dell’Ordine Pubblico, si chiudano rapidamente e inesorabilmente, se possibile con tanto di condanna in flagranza.
Per dirla ancora più in chiaro, non sono affatto certo che l’esistenza di un reato di omicidio stradale avrebbe potuto dissuadere il succitato tizio col SUV grigio dal percorrere le nostre strade in quel modo.
Sono invece certo che, se in giro anche alla domenica mattina ci fossero più pattuglie, una speranza in più Elio, Nunzia e gli altri automobilisti coinvolti nel groviglio di ieri l’avrebbero avuta. Ma questo costa soldi veri, mentre un reato in più forse costa solo la carta su cui è stampato il codice.
Luigi Paganelli