Dario Arosio, il gigante buono di via Pacinotti è scomparso nella sua casa di Monza
Croce Rossa di Monza è morto Babbo Natale. Un altro angelo silenzioso che se ne va in Paradiso. Come canterebbe Jannacci: queste “son situazioni di “contrabbando”. È vero. In silenzio, senza clamore così come aveva sempre vissuto se ne è andato Dario Arosio, classe 1954. Era malato da tempo. Di un male che non lascia scampo. “Un male di quelli là…” avrebbe commentato mia madre facendo il segno della croce. Perché certe malattie gli anziani nemmeno osavano pronunciarne i nomi.
Croce Rossa di Monza il gigante buono
Resisteva il gigante buono della Croce Rossa di Monza. Il Babbo Natale. Resisteva. Attaccato alla vita che tante volte aveva restituito agli altri nei suoi anni di servizio in Cri. Un metro e quasi novanta di sorriso. Sincero. Corpulento giocatore di football americano. Un vero gigante insomma. Prima ancora che nel fisico nella generosità nota a tutti in via Pacinotti sede della Croce Rossa Italiana sezione di Monza. Dario era anche un moderno fra Galdino. Era lui che nel periodo natalizio che si vestiva da Babbo Natale girando per scuole ed abitazioni vestendo i panni di Santa Claus. Un piccolo obolo per la Croce Rossa sempre a secco di quattrini per far funzionare la macchina dei soccorsi. Un gigantesco sorriso per quell’uomo grande e grosso che riusciva a coinvolgere i bimbi più piccoli. Commuovere i genitori e strappare qualche offerta. Pochi spiccioli che finivano nella casse sociali.
Dario e il suo amore: le ambulanze
Instancabile motorino della sezione locale era il papà di tutti quanti. Dario ha insegnato a guidare le ambulanze a centinaia di volontari. Una parola buona per ciascuno. Un pizzico di consigli dettati dalla saggezza. Dall’esperienza di vita vissuta tra sirene e folli velocità per le strade di mezza Brianza. Le notti passate a trasportare malati senza magari neanche un grazie o un panino da mangiare. Era fatto così. Non aveva un attimo di pace. Nei momenti di stanca si rinchiudeva in magazzino perché in un avamposto di frontiera c’è sempre qualcosa da fare. Da aggiustare. Da rimediare. In una piccola comunità come la Cri, è era il punto di riferimento. Non l’ho mai sentito alzare la voce più del dovuto perché per farsi obbedire bastava un suo sguardo e a volte solo la sua presenza. Ora per il Babbo Natale non ci sarà funerale. Il destino cinico e baro ha voluto se ne andasse proprio ora. Senza quel suono delle sirene delle ambulanze che amava tanto e che accompagna i giusti dopo la cerimonia funebre.
Marco Pirola