Assolo di Sirtaki: quanto costa ad ogni brianzolo
LA GRECIA IERI – Qual é il debito greco verso ogni brianzolo e perché quel referendum è una frode verso tutti noi. Ho sempre amato quella scena di Zorba il Greco, in cui Anthony Quinn insegna il Sirtaki al suo amico “incravattato”. Per chi non la conoscesse: https://www.youtube.com/watch?v=4UV6HVMRmdk. Poi arrivò Gabriele Salvatores e nel suo mitico “Mediterraneo” mise quella citazione di Zorba con Abatantuono che, dismessa un’uniforme del Regio Esercito che gli andava strana, indossa abiti tipici di Castelorizo, l’isoletta dove il loro plotone s’è disperso e simula il ballo del sirtaki: somma invidia.
LA GRECIA OGGI – In questi giorni la vicenda cinematografica si ripete: il Greco vero sogna disordinatamente secondo il suo “democratico” modo di esistere e fa un referendum per dire che non accetta di essere irreggimentato in alcuna regola finanziaria europea. Intanto arrivano sulle sue isole un po’ di Italiani che provano a scimmiottarlo, più per blandire il pubblico di casa nostra e per mene ideologiche che per vera adesione allo spirito oppure, come da dedica di Salvatores nei titoli di coda del suo film premio Oscar, solo perché sono tra “coloro che stanno scappando”… dalla realtà. Vediamola invece coi nostri occhi da pratici Brianzoli questa realtà, nuda e cruda.
LA VICENDA DEL DEBITO DELLA GRECIA – Nei primi anni di vita dell’euro furono concesse alla Grecia linee di credito eccezionali e lo Stato ellenico aumentò stipendi e pensioni, portandoli a cifre “continentali”. Ne derivò un forte debito pubblico che, col solito sistema tanto caro anche agli Italiani, non si programmò di risolvere con sistematici aggiustamenti e riduzioni dei costi ma fu scaricato sui titoli di Stato in misura geometricamente espansa. Nel 2009 l’allora primo ministro Papandreou, socialista, spiegò che il deficit effettivo di quell’anno sarebbe stato pari al 12,5% del PIL, ossia più del doppio di quanto fraudolentemente raccontato per anni all’Unione Europea. Che era già più del doppio di quanto consentito. Una frode internazionale di dimensioni spaventose, cui l’Unione Europea ha tentato di porre rimedio senza fare processi ma offrendo fondi per consentire alla Grecia di continuare ad essere una nazione agganciata agli standard di vita continentali. Nel frattempo si sarebbe dovuto metter mano a riforme draconiane: ciò non è avvenuto. Come ormai arcinoto, il debito complessivo della Grecia verso i vari partners e finanziatori europei e mondiali ammonta oggi a oltre 270 miliardi di euro: si parla solo del debito verso terzi, non di quello pubblico interno in generale. Per dare un parametro, tutto il prodotto interno lordo della Lombardia nel 2012, pari ad un quinto di quello nazionale italiano, ammontava a 332 miliardi di euro (fonte: http://www.lombardiaspeciale.regione.lombardia.it/schede-evidenza/il-pil-della-lombardia-vale-1-5-di-quello-italiano.html)
I CREDITORI – Chi ha prestato denaro alla Grecia ora non si fida più. Soprattutto non ha visto fare alla Grecia alcun vero passo ufficiale verso una riforma del modo collettivo di ragionare. L’evasione fiscale è alle stelle e non si vedono in atto politiche di effettiva repressione. Su molte isole ancora non esiste l’IVA. L’età media pensionabile è a 61 anni. Gente come D’Alema, che oggi spopola su internet raccontando la favola dell’ingiusto arricchimento delle banche tedesche e francesi grazie a tassi di interesse “stellari” intorno al 15% sui titoli greci, forse dovrebbe ricordare anzitutto dove è nato il debito pubblico greco. Magari dovrebbe ripassare poi l’andamento dei tassi, per scoprire che fino a fine giugno erano al 10% e sono schizzati al 15% solo il 29 giugno scorso, quando la Grecia ha dichiarato che non avrebbe potuto restituire una rata di prestito al Fondo Monetario Internazionale. Perché la verità è che nessuno dà soldi a nessuno che non possa restituirli e, se glie li dà anche sapendo che potrebbero non essere resi alla scadenza, se li fa pagare di più di quanto pretenderebbe da chi è solido e certamente restituirà i prestiti.
IL REFERENDUM – Col referendum di domenica, 5 luglio 2015, la stanca e affamata maggioranza dei Greci, soprattutto e per ovvie ragioni i giovani sotto i trent’anni, ha dichiarato a gran voce che di tutte queste logiche non le importa nulla. Chi ha dato una mano al Paese, può per ora scordarsi di rivedere i suoi soldi: certo non li rivedrà alle scadenze concordate e probabilmente non li rivedrà tutti. Magari non li rivedrà affatto. Questo significa la “ristrutturazione del debito” anche secondo la Legge Fallimentare italiana.
LA POLITICA – Allora vale forse la pena di fare due conti, anche a beneficio di tutti quei politici che si sono arrancati a ballare il sirtaki ad Atene in questi giorni. Il debito verso il sistema Italia ammonta a oltre 38 miliardi di euro. Di questi, come visto sopra, circa un quinto, pari a 7,7 miliardi spetta statisticamente alla Lombardia. La Lombardia ha dieci milioni di abitanti. Significa che a carico di ogni Brianzolo pende, tramite la Banca d’Italia o altri istituti di credito che alla fine sempre su di noi si rifanno, la cifra individuale di € 770,00=, ossia per una famiglia di quattro persone più di tremila euro. La mia famiglia si compone di cinque persone e siamo quasi a quattromila. Io so esattamente cosa farei a chi non mi pagasse un debito di € 4.000,00= anche se scappasse a Castelorizo per non pensarci. Solo che in Europa, tra Stati Indipendenti, non c’è un Tribunale che condanni o emetta decreti ingiuntivi e nemmeno un Ufficiale Giudiziario ad eseguirli e pignorare i beni del debitore. Ci sono solo i patti di buona fede tra le genti e qui, anche se sentiamo la Grecia come una sorella, i patti non sono stati rispettati e non dovrebbe servirci Angela Merkel per rendercene conto.
LA CONSIDERAZIONE – Quindi, per favore, si eviti l’abuso di parole grandi come “orgoglio”, “dignità” o “democrazia” e si svolgano proposte serie ed urgenti, che siano accettabili per chi, come Spagnoli, Portoghesi e Italiani, i sacrifici li sta facendo, per la verità insieme a tutti gli altri Europei.
di Luigi Paganelli, avvocato