
Dopo il via libera alla fusione con Milano l’Associazione degli industriali di Monza si spacca e 50 marchi se ne vanno dall’associazione
A sentirla dalla “parte perdente” di Confindustria Monza e Brianza la vicenda della fusione con Milano (dopo la decisione del Tribunale di Monza di martedì che sblocca l’accordo) ha le sue melodie sonore. Click. La puntina scende lentamente sul piatto. Se fosse una canzone sarebbe “C’è chi dice no”di Vasco Rossi. O anche, tornando indietro nel tempo, “Pugni chiusi” dei Ribelli datati anni Sessanta e griffati Celentano. Ribelli anche alla luce della decisione di fare una rappresentanza autonoma da Confindustria. Magari a tendere bene le orecchie si sente pure il requiem di Verdi per la Brianza se vogliamo nobilitare la cosa a beneficio dei melomani. Personalmente ora che ci rifletto, sarebbe più adatta la colonna sonora de “l padrino” versione Casamonica visto che di funerale in pompa magna si tratta. Con tanto di “requiem aeternam” e di prete celebrante (Andrea Dell’Orto). Però quella versione de “Il padrino” un po’ stonata. Come se fosse suonata da una banda di paese con tutte le imperfezioni del caso che farebbero la felicità dei giudici di X Factor. Il morto? La Brianza industriale, quella delle “fabbrichette”, ma soprattutto dei loro proprietari storici.
LA MUSICA DI CONFINDUSTRIA – I fedelissimi del “generale Petain”, al secolo il brianzolo Andrea Dell’Orto, sostenitori del concetto del male minore dell’occupazione tedesca (in questo caso da parte di Milano) non la pensano così. Loro sentono altre melodie più trionfali, sofisticate, eteree come certe opere liriche o più volgarmente come le canzoni per ragazzine degli One Direction.
VIA DA MILANO – Ed allora ecco che la lite tra industriali prende le forme di un disco in vinile graffiato suonato da una forchetta. La vicenda della fusione degli industriali di Monza e Brianza infatti emette un suono stridulo e melodie malinconiche. Colmar, Sapio, Parà, Cisalfa, Beta Utensili, tanto per fare qualche nome di peso. Il settore legno (baluardo della Brianza) in tutto una cinquantina di marchi di sostanza se ne vanno da Confindustria sbattendo la porta in maniera fragorosa. Faranno la loro associazione perché non si sono fidati delle parole del “generale Petain”. Complimenti a quest’ultimo se il risultato era di spaccare la Brianza c’è riuscito. La Brianza non eiste più non solo in politica, ma anche nell’industria cuore pulsante di ogni territorio che si rispetti. Chi ha detto no, non ha dato addio alla Brianza. Anzi. Un arrivederci con una nuova associazione concorrente . I Ribelli, per ora, come cantava Ricky Sanna nel 1963, sono uniti più che mai “Nel sole, nel vento, nel sorriso, ma soprattutto, nel pianto…”
Marco Pirola