Monza, In altri tempi, ma anche quelli attuali, sarebbe stata una lettura pesante. Oltre milleduecento pagine di interrogatori della famiglia Sangalli non sono proprio un fumetto di Nathan Never (il mio preferito…) e nemmeno un Dylan Dog. Anche se sono popolati di incubi e personaggi “strani”. C’è la conferma di uno spaccato della politica monzese degli ultimi dieci anni. Di personaggi che si offrivano per taroccare appalti come Claudio Brambilla e Antonio Crippa (cose già note nell’ordinanza di Dicembre), del bancomat Sangalli che era una “garanzia” prima, durante e dopo le campagne elettorali. Soprattutto se in concomitanza di appalti grossi come quello di Monza.
Ci sono personaggi come Giovanni Antonicelli, abituati a viaggiare “bordeline” da una vita , che avevano scambiato la premiata ditta “Sangalli spurghi” come la propria banca personale capace di erogare somme che sa Dio dove sono finite. “Ricattatori” li definisce Giancarlo in un passaggio. Può essere. Almeno non lo erano sino all’intervento del magistrato. Perché in un passaggio c’è uno sfogo del pubblico ministero Salvatore Bellomo in cui dice: “Ma Giancarlo, se ne avesse parlato al suo avvocato…”. Come dare torto al siciliano di ferro sempre indeciso (è una sua battuta scherzosa che ha fatto agli amici…) tra la pillola dell’ipertensione e il viagra.
Marco Pirola