Cascina Cascinazza e il ballo del mattone

Marco Pirola

CASCINA, CASCINAZZA Un ritornello che perseguita la mia vita professionale sin dagli inizi degli anni Novanta quando ho iniziato a fare il giornalista. “ Tu sei di Monza. C’è quell’area lì dalle tue parti che si chiama Cascinazza che ci interessa – mi disse Giuliano Molossi (attuale direttore de La Gazzetta di Parma ed allora responsabile della Cronaca de Il Giornale di Montanelli) – Scrivi un pezzo. Vedi di non sparare troppe cazzate. E’ un pezzo delicato. Molto. Lo leggeranno giù in direzione”. Se voleva tranquillizzare un piccolo (rimasto tale) cronista di provincia al suo secondo giorno di lavoro in via Negri 4 a Milano, c’era riuscito. Perfettamente. Sapevo della “rogna” che mi era stata affidata più per evitare la patata bollente che per la fiducia nelle mie capacità. Era l’ennesima battaglia legale tra Paolo Berlusconi (editore de Il Giornale) e l’Amministrazione monzese allora targata Dc e Psi. Da allora sono passati 23 anni e ne avrò scritto e raccontato centinaia di volte. Sempre con quel ritornello nelle orecchie, ma con una solida convinzione sin dall’inizio. Dal dopoguerra in poi a Monza tutti hanno costruito di tutto. Dall’orrendo palazzo dell’Upim in centro alla pioggia di cemento arrivata grazie alle tangenti milionarie in lire. A volte si pagava il politico di turno, altre bastava cambiare semplicemente l’architetto a seconda della parte politica prevalente. Un po’ come succede ora (ma questo sarà un altro capitolo da raccontare). L’unico che in città non ha messo neanche un mattone è proprio Berlusconi. Nemmeno quando era ricco e potente con in mano tutti i gangli dell’Amministrazione, dallo Stato alla Provincia. Perché? Mancanza di capacità? Dubito. Un vecchio detto dei costruttori monzesi, negli anni Sessanta, quei costruttori veri, quelli che hanno sempre avuto in mano la città e centinaia di appartamenti in proprietà, diceva: quello lì dove vota? A Milano e allora vada a costruire altrove, a Monza non si entra”. Per la verità, in dialetto monzese, il detto suona anche meglio.

IL CARTELLO Una sorta di patto blindato tra le eminenze grigie (i lupi grigi che dominavano la politica e i giornali sono esistiti anche qui da noi) che attraversava destra e sinistra oltre che professionisti e politici. Ad ogni cambio di Amministrazione i problemi tornavano all’inizio e la pletora di avvocati, consulenti, periti, ma soprattutto politicanti prosperava utilizzando Cascinazza come merce di scambio agli occhi del potente. Ora il sindaco Scanagatti, da sempre contrario alla cementificazione dell’area, sta percorrendo nuove strade che magari passano dai 115.510 metri quadrati di campi sul confine ovest con Muggiò. Una congiunzione astrale quella attuale che non si ripeterà.

La crisi non ha risparmiato nemmeno Gabriele Sabatini. Un accordo al ribasso andrebbe bene a tutti. Al Comune che chiuderebbe così un’annosa vicenda, pure politica, con un successo. A Lenta Ginestra che risparmierebbe un bel po’ di soldi per via di quel contratto del 2008 e potrebbe edificare altrove. A Gabriele Sabatini per avere un po’ di respiro con le banche. Ai costruttori monzesi per il pericolo scampato dello sbarco in città di Berlusconi modello Edilnord a Brugherio. Con buona pace di Berlusconi, Paolo e Silvio…

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