Brianza, da Raffella Carrà a bandiera rossa…

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Brianza, Massimo Ponzoni e Giovanni Antonicelli. C’ eravamo tanto amati…

Click. Il braccio dello stereo anni Settanta si posa lentamente sul vinile e, gracchiando, la puntina diffonde la musica di Raffaella Carrà. Tanti auguri. Il disco gira con fare stridulo come fosse una forchetta a tracciarne le note e non la puntina di diamante. La colonna sonora all’articolo potrebbe essere questa. Un po’ irriverente, ma foriera di belle speranze. Per loro, per la Giustizia, per una classe politica di centrodestra travolta da un insolito destino e da condanne pesantissime. Comunque la giri, quello che segue, è una “compilation rognosa”. Me lo sento, ma non posso esimermi dal farlo. Se non avessi scritto sarebbe partito il “crucifige” (visto che siamo in tema pasquale nessun termine è più appropriato…) perché Massimo Ponzoni rimane un amico nonostante la condanna di cui abbiamo dato conto nell’articolo a fianco e il silenzio sarebbe passato come un favore nei suoi confronti. Così il disco parte gracchiando. Appunto. Come per gli altri (Antonino Brambilla e Rosario Perri che continuo a chiamare anche ora il “cardinale nero”, soprannome da me inventato in tempi non sospetti, e che, sono sicuro, nemmeno leggeranno questo articolo…). Alla sbarra nel processo c’era un’ intera classe dirigente del centrodestra che ha pagato duramente con una sentenza definita dai liquidatori “esemplare”. Ma esemplare nei confronti di chi? Ponzoni ha preso la metà degli anni che i giudici di Milano hanno dato al nigeriano che ha ammazzato a picconate due persone per strada. Lui era accusato di bancarotta, corruzione e altro. Aveva rifiutato tre anni e otto mesi quando è stato arrestato per chiudere subito la faccenda con un patteggiamento. E’ stato fischiato dai giudici monzesi il tenore (Ponzoni) , ora vedremo che trattamento verrà riservato al baritono (Pennati) che era anche l’amministratore delle società fallite. E sono pure curioso di vedere che fine farà Giovannone Antonicelli che nell’occasione ha tenuto un vestito “giallo… canarino”. Sono curioso. Davvero. E a proposito di Penati (questa volta con una enne in meno…), Filippo, l’ex segretario di Pierluigi Bersani, il re di Sesto San Giovanni e dintorni rossi, quello del Pd insomma. Quello che aveva sostenuto di voler far appello contro la prescrizione del reato di cui era accusato. Ecco, quello lì che si è salvato dalla galera per via della prescrizione. Che fine ha fatto? Libero. Intonso. Per lui la musica della sua vicenda processuale è diversa. Più simile a “bandiera rossa” che a Raffaella Carrà. Degli auguri lui non ne ha bisogno. Ma le sentenze vanno rispettate e i giudici riveriti. Anche quando telefonano…

Marco Pirola

Filippo Penati
Filippo Penati

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