Brianza, la ‘ndrangheta è di casa. Decine di arresti in Lombardia, ma soprattutto in Brianza dove si trovava il cuore dell’organizzazione. Una maxi operazione condotta dalla Squadra mobile coordinata dalla Dda milanese punta di nuovo i riflettori sulle infiltrazioni e il radicamento mafioso sul territorio. In totale 30 le ordinanze di custodia cautelare eseguite dagli uomini della Polizia di Stato. Le accuse sono a vario titolo di associazione mafiosa, usura, riciclaggio, estorsione, corruzione, intestazione fittizia di beni e società ed esercizio abusivo del credito. A Seveso si trovava il “tesoro” della banda, una vera e propria banca clandestina che prestava denaro a strozzo e poteva contare su un’ampia rete di coperture e collusioni grazie a dipendenti bancari, imprenditori e dipendenti delle Poste.
Centinaia di milioni di euro quelli passati dalla “banca” sevesina diretti verso Svizzera e San Marino. A capo di tutto i nuovi capi della locale di Desio. Tra le numerose intercettazioni ve ne sono alcune di Maurizio Morabito, uno degli arrestati, che definisce Giuseppe Pensabene come “la Banca d’Italia”. Pensabene è considerato il presunto capo del clan. Ancora una volta i magistrati hanno sottolineato come “nessuno degli imprenditori e commercianti vittime dell’usura abbia mai presentato denuncia”. Un’omertà, secondo gli investigatori, che “si spiega con il clima intimidatorio tipicamente mafioso messo in atto”. Insomma, paura. Tra le vittime dell’usura figurano anche Antonio Rosati, vicepresidente esecutivo del Genoa e il dg della Spal, Giambortolo Pozzi. Rispuntano i nomi della politica, come Domenico Zema, ex assessore a Cesano Maderno, marito di Loredana Moscato (figlia di Giuseppe Annunziato Moscato arrestato nel corso dell’operazione Infinito) considerato uno dei presunti capi della ‘ndrangheta desiana e ancora una volta Massimo Ponzoni che avrebbe beneficiato dei voti portati dalle locali brianzole, ma con cui avrebbe poi litigato. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, l’organizzazione non faceva uso di armi fatte salve situazioni eccezionali, quanto utilizzava proprio la rete economica e una serie di collusioni negli uffici pubblici e privati. Obiettivo, appunto, quello di aumentare la ricchezza del gruppo criminale.