La Grecia e l’epica: cronaca di un nuovo giorno visto da Monza attraverso la cronaca di Luciano Mutti, giornalista brianzolo trasferitosi ad Atene.
ATENE – Epos è parola greca e i greci sono innamorati dell’epica. Alexis Tsipras e il suo (ex) ministro delle finanze Yanis Varoufakis sono a loro modo due personaggi epici. Due ragazzotti di belle speranze che si sono rivoltati contro il Molok europeo. Li hanno definiti palicari (letteralmente giovanotti, ma palikaria erano i combattenti della rivoluzione antiturca) e con termine un po’ più popolaresco “manghes” che è un po’ come dire guappi, ma non necessariamente con una connotazione negativa. Un po’ come “o sarracino” di Carosone, spavaldi, smargiassi. Naturale che mandassero in visibilio le folle greche (soprattutto la componente femminile) ricordando anche l’altro grande “no” del popolo greco, quello pronunciato da Metaxàs a Mussolini.
Fatto è che, stravinto il referendum, il più mangas dei due, Varoufakis, poche ore dopo avere infiammato le folle, si è dovuto dimettere per facilitare, dice, le trattative tra Tsipras e i creditori, quei creditori che aveva definito criminali. In realtà, oltre alla scarsa simpatia riscossa tra i partners europei, Varoufakis stava sullo stomaco anche a influenti personaggi di Syriza, il suo partito della sinistra radicale che non vedevano l’ora di toglierselo da torno. E così Yanis, atteggiandosi a vittima sacrificale, “fiero del disprezzo dei creditori”, fra due ali di folla plaudente cavalcando va verso il tramonto. Pardon, verso il lussuoso appartamento vista Acropoli con bella consorte dagli industriali natali e bella villa con piscina. Arriba la revoluciòn.
Il referendum ha fatto però vittime anche sul fronte del “sì”: Antonis Samaràs già primo ministro e leader di Nea Dimokratia, centrodestra, sì è dimesso per non aver saputo portare la sua coalizione alla vittoria, o forse per meglio accreditarsi presso i partners europei. Nemesi storica: proprio lui aveva scalzato il primo ministro del Pasok, Georghios Papandreou accusandolo di eccessiva soggezione ai creditori europei, accendendo una serie di crisi di governo, per prendere il suo posto e finire vittima delle medesime accuse. Col cerino in mano è rimasto Tsipras: a Bruxelles dovrà gettare acqua sul fuoco acceso dal referendum, per chiedere nuovi aiuti e un nuovo significativo taglio del debito. Ma i “cassieri” sembrano un tantino irritati. Basterà loro la testa di Varoufakis? Tsipras aveva assicurato che con la vittoria del no avrebbe portato a casa l’accordo in 48 ore. Gli oppositori hanno girato la clessida e lo attendono al varco.
Luciano Mutti
Giornalista, già caporedattore Il Giorno – Monza e Brianza