Addio Franco Gaiani, l’ingegnere che voleva bene a Monza

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Malato da tempo è morto a 87 anni in una stanza dell’ospedale San Gerardo di Monza

Addio Franco Gaiani l’ingegnere che voleva bene a Monza. Ma bene è parola molto riduttiva per uno come lui. un grande come lui. Se ne è andato così. In punta di piedi come ha sempre vissuto nonostante potesse permettersi tanto. Se non tutto. Figlio di una Monza che non c’è più. E forse non sono nemmeno più i tempi. Fosse stato nel Rinascimento sarebbe stato un principe regnante che si circondava di artisti e poeti. Perchè lui amava l’arte, il bello, Monza. Lo potevi scorgere in sella alla sua bicicletta nera diretto al bar San Paolo durante l’ora dell’aperitivo serale. L’unico vezzo di un grande uomo che aveva fatto dell’amore per la propria città una vera e propria ragione di vita. O anche a braccetto della moglie Titti Giansoldati. Per tutti in città erano semplicemente la Titti e l’ingegnere. A dispetto dei suoi 87 anni io me lo ricordo da sempre uguale. Immutabile nel tempo. Nell’aspetto e nello spirito.

Addio Franco Gaiani, un grande uomo

Da qualche giorno era ricoverato al San Gerardo. Discendente di una famiglia di costruttori molto conosciuta in città. Aveva 87 anni, cinquanta dei quali passati al fianco della vulcanica Titti. Senza figli, marito e moglie avevano adottato Monza. Il Duomo in particolare. In una terra dove avere il “braccino corto” è un must, lui era personaggio anomalo. Allargava i cordoni della borsa spendendo non solo suo denaro, ma anche mettendoci la faccia. Cosa più unica che rara da queste parti.

Il volto umano dell’arte

Durante la realizzazione del museo del Duomo, una ventina di anni fa, lo potevi incontrare tutti i giorni in cantiere con gli stivaloni da muratore. Uno scavo difficile sotto il monumento. “La Basilica ha le fondamenta delicate, quasi inesistenti, se dovesse crollare un pezzo non me lo perdonerei mai”. Diceva guardando freneticamente la fresatrice che stava scavando la roccia. I lavori li aveva pagati lui di tasca propria e ci aveva messo pure il tempo. “Tutti dobbiamo morire, solo il bello rimarrà per sempre. E il duomo è stupendo. Vorrei, vorrei diceva che il mio nome fosse legato a qualcosa di bello”. Lo avevano accontentato intitolandolo il museo in memoria del padre Carlo.

Addio Franco Gaiani, il mecenate

Il restauro della cappella degli Zavattari nel 2015 con il recupero del ciclo pittorico dedicato alla regina Teodolinda. Il nuovo Museo e tesoro del duomo inaugurato nel 2007. Sette mesi più tardi Monza lo ringraziò con il Giovannino d’oro 2008, la massima onorificenza cittadina. Ingegnere, costruttore, imprenditore, amante dell’arte ma anche della montagna e della musica.

Addio Franco Gaiani, l’uomo

Come tutte le persone l’ingegnere aveva le proprie idee. Da giovane un passato negli scout. Repubblicano convinto ai tempi di Ugo La Malfa, non aveva mai nascosto le sue simpatie per il Centrosinistra. Davanti alla sua figura però non c’era avversario che osasse contraddirlo o avanzare una critica, tanto era benvoluto da tutti. Destra compresa. Per lui hanno sempre parlato i fatti che stanno davanti agli occhi dei monzesi. Era disarmante. Quando gli parlavi la sua tranquillità metteva quasi timore. Una sorta di curato di campagna diventato vescovo talmente tanto ascendente aveva su tanti. Ma io preferisco ricordarlo sorridente con la sua bici con i freni in ferro mentre faceva lo slalom tra i maleducati che riempiono il centro di Monza durante i weekend. Il trillo del campanello. Delicato. Fine. Da signore come era…

Marco Pirola

P.S.

La camera ardente, allestita nella Sala del granaio accanto al duomo, per volere dell’arciprete emerito monsignor Dino Gariboldi, resterà aperta fino a venerdì. Il funerale verrà celebrato venerdì 25 ottobre in Duomo alle 15.30.

 

 

 

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